L’eterno pop dei Depeche: «Riempiamo ancora gli stadi»

Di appendere le fatidiche scarpette al chiodo non se ne parla. Già, perché Depeche Mode sono ancora un team «che tremare il mondo fa...». Come gli antichi squadroni calcistici del passato. E alla faccia degli anni che passano e di una certa tendenza alla ripetizione (in fondo, il trio formato dal compositore, tastierista e chitarrista Martin Gore, dal cantante Dave Gahan e dal tastierista Andrew Fletcher, 141 anni in tre, tira la carretta dal lontano 1980...) e dei ripetuti problemi fisico-esistenziali del frontman (passato attraverso il tunnel della droga e ad un drammatico tentativo di suicidio, Gahan si è appena ristabilito da un intervento di rimozione di un tumore alla vescica), i «baronetti del sintetizzatore» ogni volta che vanno in tour inanellano un successone dietro l'altro.
Con Milano, poi, la band dell'Essex ha un feeling - ricambiato - davvero molto speciale. Tanto per dirne una: il meglio dei concerti al Forum di Assago del febbraio di tre anni fa è addirittura diventato un dvd ufficiale, dal titolo «Touring The Angel: Live in Milan». E stasera ci sarà la conquista di San Siro, il loro primo show di sempre nella Scala del calcio. Una gran bella sfida anche per gente decisamente navigata, che dagli anni Ottanta tiene alta la bandiera dell'elettro-pop, e cioè di un sound tanto di facile presa e accattivante all'ascolto (nonostante la marcata propensione ai ritmi gelidi, funzionali a sottolineare le nevrosi della vita moderna) quanto oscuro e tendente al depresso nei contenuti.
«Ebbene sì, non siamo rock, ma siamo in grado di riempire gli stadi (martedì all'Olimpico di Roma c'erano 50 mila persone, ndr). L'abbiamo già fatto altre volte - ha detto Gahan -. Quando nel 1987 suonammo al Rose Bowl di Pasadena avevamo un sacco di dubbi. Eppure radunano oltre 65 mila persone: provate a guardare il cd-video di "101" (il quale ne consacrò la fama mondiale, ndr) per credere. La produzione di questo tour sarà molto interessante: l'abbiamo allestita con Anton Corbijn (il quotatissimo fotografo-regista olandese al loro fianco fin dalla metà degli anni Ottanta, ndr), che ha curato la parte visuale».
Oltre all'inevitabile carrellata di hit (qualche titolo? "Just Can't Get Enough" (1981), "See You" e "Leave The Silence" (1982), "Everything Counts" (1983), "People Are People" e "Master And Servant" (1984), "Never Let Me Down Again" (1987), "Personal Jesus" (1989), "Emjoy The silente" (1990), "I Feel You" e "Walking In My Shoes" (1993), "Barrel Of A Gun" (1997), "Dream On" (2001), fino a Precious" del 2005), tutti tasselli impressi nella memoria collettiva di più di una generazione, che riconosce ai Depeche Mode il ruolo di pionieri del pop elettronico e di eredi dei precursori assoluti Kraftwerk, il concerto milanese sarà l'occasione per ascoltare dal vivo i brani di "Sound Of The Silence", l'ultimo fatica discografica (che poco aggiunge al loro cospicuo canzoniere!), inciso fra New York e Santa Barbara e uscito nell'aprile scorso. «È un album quasi vintage - ha spiegato pochi mesi fa in sede di conferenza stampa Martin Gore, compositore numero uno del gruppo, anche se negli ultimi anni si è ritagliato uno spazio sempre più consistente il collega Dave Gahan -.

Abbiamo usato un sacco di strumenti "antichi" come sintetizzatori analogici di prima generazione, drum machine che 20 anni fa erano all'ultimo grido, chitarre e pedali che acquistavo su eBay e arrivano in studio ogni giorno in grandi pacchi».

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