Francesca Lojola
Nel nostro Paese le imprese faticano a utilizzare al meglio le competenze del terziario avanzato, come testimonia la quota di questultimo sul valore aggiunto totale prodotto, inferiore alla media europea. Ma il trend di un sistema economico che procede spedito sulla via della terziarizzazione appare inconfutabile. Nellultimo lustro il comparto manifatturiero è cresciuto dell1% e il commercio del 5%, mentre le strutture di servizio alle imprese hanno fatto segnare un balzo del 24%. DallIct al marketing e alla ricerca, dalla consulenza, formazione e selezione del personale, ai servizi fiscali, assicurativi, di marketing, comunicazione e pubblicità, di certificazione, di logistica e facility management. Sono le aziende knowledge-based, che poggiano cioè sulla conoscenza, cui oggi si ascrive il 12,4% del Pil nazionale e il 10,2% delloccupazione. Circa un milione e 800mila addetti per 750mila imprese che, stando ai dati di Fita, la Federazione italiana del terziario avanzato, generano un fatturato annuo di 160 miliardi. Un giro daffari che il sistema informativo Excelsior che fa capo al ministero del Lavoro registra in crescita in ogni componente: in particolare, aumenti in doppia cifra nel 2005 sia per i servizi di informatica e tlc, nella stessa misura degli studi professionali (più 11 per cento), sia per gli altri servizi avanzati alle imprese (più 13 per cento). «Non si può pensare a un manifatturiero senza il terziario evoluto - osserva il presidente di Fita, Alberto Tripi - ma neppure lopposto. Non esiste dunque alcun disallineamento: luno può attingere dallaltro elementi sui quali si fonda, ora più di ieri, la concorrenza tra le imprese produttive, giocata più sui servizi complementari che sui beni in sé e per sé».
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