Mentre impazza la polemica sugli esami di riparazione e molti protestano contro lipotesi di essere bocciati se sono ignoranti, si è svolta domenica la giornata inaugurale dellanno sociale dellAssociazione Cometa, realtà del privato sociale di Como. Nata nel 2000 da una rete di famiglie e amici, Cometa accoglie minori in una comunità familiare, promuove attività sportive e soprattutto organizza attività formative, con particolare attenzione a coloro che hanno difficoltà nel prosieguo del percorso scolastico. Fin qui nulla di eccezionale. Ma cosa fa di Cometa un esempio degno di essere posto allattenzione di tutti? Alcuni fattori che smentiscono luoghi comuni, oggetto di innumerevoli dibattiti e inchieste. Attraverso il suo innovativo «Liceo del lavoro» ragazzi che hanno smesso di frequentare la scuola, considerati ribelli, se non disadattati, riprendono a studiare con gusto, a relazionarsi in modo positivo con altri ragazzi ed adulti e, contemporaneamente, accettano di imparare un mestiere in settori quali il tessile, la falegnameria o lartigianato di qualità. Comè possibile giungere a questi risultati quando, anche in provincia di Como, imprenditori e artigiani indicano come primo loro problema la mancanza di giovani maestranze qualificate e quando tutte le circolari e i proclami delle istituzioni non ottengono il recupero di nessun alunno in difficoltà? Il fatto è che il soggetto educativo in Cometa è un popolo fatto di famiglie, professori, educatori, artigiani e imprenditori che si coinvolgono direttamente nellinsegnamento anche dislocando laboratori e botteghe presso gli edifici dove si fa scuola.
Il loro punto di partenza non è unanalisi socio-economica e nemmeno un approccio psicologico ai ragazzi, anche se nessuno di questi strumenti è tralasciato. Il metodo è il desiderio di bene per il destino dei ragazzi, riflesso della fede cristiana; è lo stupore profondo per un Infinito presente, riconosciuto nel fondo del volto di quei ragazzi. Questa affezione, che si respira nelle famiglie che hanno iniziato Cometa e si contagia in chiunque si coinvolge con lopera, fa accettare la fatica della condivisione, della correzione, della continua ripresa in una convivenza che sfida la libertà dei ragazzi a desiderare il meglio per sé; fa scoprire il patrimonio di capacità di lavoro che esiste ancora nel Comasco e che rischia di perdersi se non viene trasmesso alle giovani generazioni.
Non è superfluo aggiungere che senza la lungimiranza della Provincia di Como e della Regione Lombardia che hanno introdotto normative che consentono sperimentazioni innovative, tutto sarebbe più difficile.
*Presidente Fondazione
per la Sussidiarietà
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