L’intervento Ma quegli aiuti non bastano Via a nuovi cantieri

Più volte Silvio Berlusconi ha detto alle parti sociali e non solo ad esse che chi aveva suggerimenti da dare li desse. Noi tentiamo di darne qualcuno con l'umiltà necessaria e con l'occhio a quanto sta accadendo. La crisi recessiva è forte e si aggraverà nei prossimi mesi anche perché l'economia italiana da 12 anni cresce meno di tutti gli altri Paesi europei. Il sostegno alla domanda di consumi delle famiglie è la prima misura da attuare e si fa, nel breve, con l'accoppiata defiscalizzazione-aumenti di salari e pensioni. Bene, dunque, i 40 euro al mese per i pensionati più deboli (5-6 giorni di cibo per due persone) ma non si comprende l'utilizzo per la erogazione di queste somme della cosiddetta social-card, una modalità burocratica e caritatevole che costa e indispettisce. Il bonus «una tantum» serve a ben poco mentre la riduzione delle tasse sulle famiglie a basso reddito resta la misura più seria e più utile. Parte del suo costo ritornerà inevitabilmente al bilancio dello Stato sotto forma di Iva e di Irpef. Le famiglie consumeranno di più se vedono che a fine mese ci sono più soldi e non solo un contributo transitorio e una carta che cristallizza la sensazione di povertà. La detassazione deve coinvolgere anche la parte bassa del ceto medio, quella che più di tutti può attivare la domanda di beni di consumo durevoli. Ma la domanda aggregata è sostenuta innanzitutto dalla maggiore occupazione. Se un anno fa Padoa-Schioppa non avesse colpito gli investimenti delle imprese con la indeducibilità degli interessi e con l'eliminazione dell'accelerazione degli ammortamenti oggi non saremmo costretti a mettere un miliardo in più sugli ammortizzatori sociali perché l'Italia non sarebbe entrata in recessione un anno prima degli altri e in misura di gran lunga maggiore. Se facciamo questo esempio è per dire che nella politica economica e di bilancio tutto si tiene e chi pensa di risanare i conti pubblici risparmiando sugli investimenti nel migliore dei casi è fuori di testa. Le imprese, poi, hanno bisogno di misure che non si riducano al periodo di Natale ma che agiscono, al contrario, sulle aspettative di medio-lungo periodo per attivare quegli investimenti privati che languono e che concorrono in maniera significativa alla crescita della domanda interna. Di qui, allora, l'esigenza di favorire gli investimenti ripristinando deducibilità degli interessi e ammortamenti accelerati. Per quanto riguarda gli investimenti pubblici non bisogna lasciarsi impressionare dagli stanziamenti enormi (16 miliardi di euro) che si traducono in spesa reale solo in piccola parte. È giusto assegnare fondi per i prossimi tre anni tanto da poterli impegnare ma l'effetto di cassa nel 2009 che è l'anno cruciale sarà modestissimo. Ed allora vanno attivati interventi minori subito cantierabili ad esempio nelle grandi città come ha proposto anche Obama e come avvenne nei primi anni del dopoguerra. Sappiamo che questa domanda «minore» è meno strategica delle grandi opere per recuperare il gap infrastrutturale ma è anche uno strumento di rapido e forte impatto sull'occupazione e sulla crescita. Alla stessa maniera più che iniziare inutili contenziosi su bollette e pedaggi molto più saggio sarebbe convocare intorno a un tavolo Eni, Enel, Finmeccanica, grandi società municipalizzate e concessionarie autostradali perché facciano, nel 2009 con procedure speciali, almeno il 30% di investimenti in più rispetto all'anno scorso. Sarebbe, questo, un colpo importante per rilanciare la domanda. Il blocco delle tariffe è sempre una misura straordinaria e transitoria il cui unico effetto molto spesso finisce proprio per essere il blocco o la riduzione degli investimenti delle società interessate. D'altro canto luce, gas e benzina dovrebbero diminuire di per sé per il crollo del prezzo del petrolio. Infine, è sempre rischioso fare una manovra spostando risorse da un capitolo all'altro spesso addirittura ritardando la spesa reale in conto capitale.

Nuove risorse possono essere trovate o con la nostra proposta di vendita di immobili di Stato usati dalla pubblica amministrazione e, come ha preannunciato Obama, con uno sforzo straordinario dei più ricchi non colpendo però i loro redditi ma, come diceva nel passato lo stesso Tremonti, trasferendo una parte dell'imposizione dalle persone alle cose. Sappiamo che nessuno di questi suggerimenti verrà accolto e speriamo fra tre mesi di non aver ancora una volta avuto ragione.
ilgeronimo@tiscali.it

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