L’intimo Mendelssohn di Accardo

Salvatore Accardo, il nostro violinista più noto, ha dato il suo nome ai numerosi quartetti d’archi che lo hanno visto leader e fondatore. Ma un «Quartetto Accardo», nel senso di una formazione stabile e sempre con gli stessi componenti, simile a quella gloriosa e purtroppo estinta del «Quartetto Italiano» che ha fatto la storia della musica cameristica mondiale, non è mai esistito.
Perché Accardo nel corso degli anni ha riunito attorno a sé valenti solisti (Batjer, Hofmann, Giuranna, Sirbu, Filippini), fra i quali solo il violoncellista Rocco Filippini è un punto fermo dai tempi delle «Settimane di musica d’insieme», ospitate a Villa Pignatelli, a Napoli e che ebbero ospiti illustri, compreso Maurizio Pollini. E la ragione sta nel fatto che negli ultimi decenni Accardo ha tentato di affiancare saltuariamente l’attività di camerista a quella principale del solista, ed a tratti anche quella del direttore d’orchestra che gli è andata decisamente male, al punto che, quest’ultima, ha dovuto definitivamente abbandonarla.
A seguito, invece, della sua meritevole attività di insegnante a Cremona (Accademia Stauffer), Accardo ha scoperto numerosi talenti che ha via via coinvolto nei suoi gruppi, come l’Orchestra da Camera Italiana e lo stesso Quartetto Accardo - ambedue semistabili come ensembles - dove attualmente lo affiancano al secondo violino Laura Gorna, sua attuale giovane compagna e madre delle loro due gemelline, e Francesco Fiore, violista di vaglia, già spalla di orchestre di primissimo ordine. Con questa formazione, la più recente, Accardo sta compiendo una tournée per celebrare Felix Mendelssohn, nel bicentenario della nascita (1809-2009) che, purtroppo, non è riuscita a far piena luce sull’importanza di Mendelssohn e sul peso specifico della sua produzione nella storia della musica. E anche la sua straordinaria precocità, che di solito è motivo di fascino, non gli ha giovato in questo. Perciò, ancora oggi, di Lui si eseguono poche pochissime opere sinfoniche (sinfonie e concerti), qualche brano pianistico e basta.
Accardo porta tre Quartetti per archi, un repertorio di grande spessore e inventiva. Due dei tre appartengono agli anni giovanili, i quartetti opere 12 e 13, in mi bemolle maggiore e la maggiore. Fra i più belli degli otto che rappresentano l’intera produzione sono da intendersi come doveroso omaggio a Beethoven, dal cui Quartetto opera 130 prendono ambedue le mosse. Mendelssohn li scrisse che aveva appena 18 anni, dopo che, fra i 16 e 17, aveva sfornato due capolavori come l’Ottetto e l’Ouverture per il «Sogno di un notte di mezza estate» di Shakespeare.

Il terzo e ultimo quartetto in programma appartiene, invece, agli anni della «precocissima maturità»: è il primo, in re maggiore, dei tre che compongono l’opera 44, scritta nel 1837.
Auditorium. Sala Sinopoli. Questa sera, ore 20,30. Info: 06.80.820.58

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