L’Italia è cuore e corsa ma serve un po’ di calcio. Il gol allunga solo la vita

Italia tutto cuore, tanta corsa e grande volontà: occorre anche dell’altro per fare strada in un mondiale. E infatti questa Nazionale un po’ grigia e spuntata, presentata ieri sera a Città del Capo, ha bisogno di un artiglio di De Rossi per riacciuffare il pari nella frazione migliore, la seconda, scandita da una complessiva prova migliore, grazie a qualche cambio opportuno (via Gilardino scarico come un cellulare abbandonato da un mese) e al ritocco geometrico dello schieramento iniziale. Bisogna che Lippi si convinca in fretta: quel disegno non funziona, non regge. Così come offre una discutibile resa anche Marchisio spostato nella posizione di tre-quartista, trovata nei primi minuti e poi abbandonata, chissà se per difetto di vocazione o scarsa abitudine alla missione.
Da promuovere il cuore dell’Italia di ieri sera, specie dopo aver subito la capocciata di Alcaraz, subita da una difesa che si è lasciata sorprendere al primo assalto del Paraguay: una punizione lunga, Cannavaro e De Rossi che finiscono per dare spinta allo stacco del rivale e Buffon infilato al primo tiro in porta. È il segno del destino che prende una piega sinistra all’intervallo quando Buffon, l’unico fuoriclasse del gruppo, è costretto a farsi da parte per il solito, vecchio e malinconico acciacco alla schiena. Al suo posto Marchetti, debuttante al mondiale, un altro dopo Criscito e Chiellini, Marchisio e Montolivo, con Pepe chiamati a fare compagnia e a dare spessore alla squadra piantata sui pilastri del mondiale di Germania.
Quando c’è stato bisogno, nel primo tempo, di fare calcio, aprire varchi nella munita organizzazione paraguaiana, la Nazionale di Lippi ha mostrato i limiti più evidenti. I lanci, tanti e ripetuti, partiti da De Rossi e Montolivo, da Zambrotta e Criscito, hanno tradito una altissima percentuale di errori. Avvertita, in questo senso, l’assenza di Pirlo l’unico che ha il compasso ai piedi.
Gli azzurri hanno cambiato passo nella seconda frazione. Non solo per l’inevitabile reazione del gruppo, finito sotto, a sorpresa. Ma per il contributo alla corsa di tanti, il primo tra tutti, Pepe che è sembrato a un certo punto una pallina di flipper, rimbalzando da una zolla all’altra. Dal suo angolo, con uscita difettosa (per usare un eufemismo) del portiere rivale, è arrivata la zampata di De Rossi, tenuto per un braccio eppure capace di forzare il blocco e di rimettere in sesto il risultato.
Ma la seconda Italia è stata squadra vera anche per la modifica decisa dallo stesso ct: è uscito Marchisio, è entrato Camoranesi con scarso effetto sul piano del rendimento ma di sicuro ha rimesso tutti gli azzurri sui binari giusti di uno schema conosciuto a memoria, molto più concreto e affidabile. Anche in questa seconda versione, è venuto meno l’attacco, non certo per il contributo di Iaquinta (negli spazi si è involato come un cavallo pazzo) ma per la resa, gravemente insufficiente, di Gilardino. La moglie Alice, rimasta in Italia, in uno spot televisivo, continua a raccomandargli: «Alberto, ricordati di fare il bonifico per l’asilo». Bene: se Alberto si ricordasse, oltre al bonifico, di tirare qualche volta in porta, non sarebbe male. Il giudizio spietato, firmato da Lippi alla fine, può autorizzare una previsione: nella prossima sfida di domenica 20 giugno, il centravanti della Fiorentina non si sarà. Lentissimo nell’unica occasione, in cui, palla tra i piedi, avrebbe dovuto aggredire il pallone e prendere il tempo ai due marcantoni della difesa del Paraguay.
Italia tutto cuore, grande corsa e tantissima buona volontà, d’accordo. Senza un attacco che si rispetti ma con la vecchia guardia che non ha alcuna intenzione di mollare i pappafichi. Passi per Buffon, tradito dal mal di schiena (accusato un dolore già nel riscaldamento), una brutta bestia come hanno dimostrato i tormenti di Dida, ma il capitano Cannavaro e il suo sodale Zambrotta hanno raggiunto eccellenti picchi.

Imitati, per quel che conta, da un paio di giovanotti come Montolivo e Criscito. De Rossi, col gol, è uscito dal guscio nel quale era rimasto impantanato. Insieme con tutta l’Italia del primo tempo. Pareggiare la prima non è granché. Bisogna accelerare nelle prossime due sfide.

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