L’Onu a Washington: «Chiudete Guantanamo»

E un ex colonnello, ora deputato democratico, accusa: in un villaggio dell’Irak i marines uccisero 15 civili

Mariuccia Chiantaretto

da Washington

Il Comitato dell'Onu contro la tortura ha chiesto agli Stati Uniti di chiudere tutte le prigioni segrete all'estero e, in particolare, il campo di internamento di Guantanamo Bay a Cuba, sostenendo che violano la legge internazionale. La richiesta è giunta nello stesso giorno in cui a Guantanamo quattro detenuti tentavano il suicidio: tre hanno cercato di togliersi la vita con una overdose di medicinale che era stato loro prescritto, il quarto impiccandosi. A fatica le guardie sono riuscite a salvarli: i prigionieri delle altre celle hanno infatti cercato di impedire ai secondini di intervenire, lanciando contro di loro oggetti che avevano dietro le sbarre. Negli scontri ci sono stati tra i detenuti alcuni feriti.
I dieci esperti indipendenti del comitato dell’Onu hanno inoltre invitato l'Amministrazione Bush a rinunciare a «qualsiasi tecnica di interrogatorio» che costituisca una forma di tortura o di trattamento crudele. Viene citato al riguardo l'uso di cani per terrorizzare i detenuti. Il Dipartimento di Stato di Washington ha seccamente respinto le richieste. Un consulente legale del Dipartimento, John Bellinger, ha ribattuto accusando i dieci esperti di non avere preso in esame o di avere addirittura ignorato molte delle informazioni messe a disposizione dal governo americano. «Ci sono molte inesattezze nella ricostruzione dei fatti - ha detto - e fraintendimenti legali sulle norme che vincolano gli Stati Uniti». Nel carcere di Guantanamo sono custodite circa 500 persone arrestate dalle forze americane nella prima fase della campagna contro il terrorismo in Afghanistan e accusate di legami con al Qaida o con il deposto regime dei talebani afghani. Il governo di Washington non riconosce ai detenuti la tutela legale e le protezioni previste dalla Convenzione di Ginevra.
Quella di Guantanamo non è la sola «grana» che l’amministrazione Bush deve gestire in tema di guerra al terrorismo. Il Pentagono non conferma ma neppure smentisce le accuse del deputato democratico della Pennsylvania John Murtha, un ex marine che ha accusato i militari americani di avere «assassinato a sangue freddo» almeno 15 civili in Irak. Gli investigatori militari hanno precisato che l'inchiesta sulla morte dei civili, avvenuta lo scorso 19 novembre nel villaggio di Haditha, è ancora in corso e non è possibile anticipare le conclusioni. Tuttavia hanno evitato di contestare John Murtha, che è stato protagonista di una furiosa polemica con la Casa Bianca qualche mese fa.
L'onorevole John Murtha, che è stato il primo parlamentare americano a chiedere esplicitamente il ritiro delle truppe dall'Irak, aveva sostenuto giovedì che il numero dei morti era doppio di quanto si sapesse: «I marines - aveva detto - hanno ucciso a sangue freddo uomini, donne e bambini».
Alcune agenzie di stampa erano saltate alla conclusione che il deputato democratico fosse in grado di anticipare un rapporto che in realtà non è ancora stato scritto. Questa volta il governo americano ha evitato di polemizzare con il deputato contrario alla guerra. Nel 2005 alcuni attivisti repubblicani si erano scagliati contro Murtha, chiamandolo «vile, disfattista, indegno di parlare dei marines», ma avevano dovuto ritrattare quando si erano resi conto che era egli stesso un marine, decorato al valor militare.
Il ministro della difesa Donald Rumsfeld ha usato un tono molto più cauto. Giovedì, in una intervista al canale televisivo Fox News, ha dichiarato: «Sui fatti di Haditha stiamo ancora indagando. Non ho bisogno di aggiungere che prendiamo molto sul serio le accuse».
Il portavoce del Pentagono Bryan Whitman ha affermato di non poter commentare le accuse di John Murtha.

«Se sarà appurato che qualcuno ha sbagliato - ha aggiunto - sarà perseguito secondo la legge, ma dobbiamo tenere presente che le truppe americane in Irak si trovano di fronte a nemici spietati e agiscono in un ambiente molto difficile».

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