RomaTremate tremate/ le veline son tornate. Con tutta evidenza pare una questione legata a vecchi traumi mai rimossi, quella delle veline che torna a turbare lanimo dei «fratelli maggiori» della sinistra. Una generazione ricca di giovanotti (ormai attempati) che non ha mai smesso, dal Sessantotto in avanti, di sostenere solenni cavolate con aria solenne. Sapendosi mantenere in sella su pulpiti grondanti di potere e dané.
Erano gli anni doro del femminismo, dunque, ed effettivamente nessuno riusciva a opporre il minimo argine allondata di erinni scarmigliate - a volte dure, a volte durissime - che reclamavano diritti talora legittimi, ma sempre a un volume di decibel esagerato. Per non parlare della virulenza castratrice: ricordate?, «col dito col dito / maschio sei finito» era un altro slogan che andava per la maggiore e guai a tentare un minimo di mascolina goliardia. Capitava, come capitò a un amico poco accorto («col c. col c. / è tutto unaltro andazzo!» gridò), di essere rincorsi per i vicoli dalla folla scapigliata che brandiva bastoni di varia foggia e utilità.
Si trattò davvero di turbamento, e turbamento grave, se ancora oggi gli imam della tetro-sinistra vedono nella presenza femminile in politica - quando si tratti di femmine femmine e non di femmine travestite da maschi (talvolta viceversa) - una grave intromissione al mondo talebano dei dirigenti di partito. Alcuni quotidiani si sono così lanciati a pesce su una presunta «chicca» che rilancia la campagna anti-Papi della scorsa primavera: la candidatura alle Regionali di una schiera di «Silvios Angels». Ragazze giovani e carine, anzi qualcuna proprio da mozzare il fiato, spesso preparate e che, in ogni caso, avrebbero il diritto di farsi le ossa in una campagna elettorale. Giovanna Del Giudice, Chiara Sgarbossa, Paola Petti, Francesca Provetti, Emanuela Romano, Angela Sozio, Graziana Capone vengono date come probabili e appetibili candidate, dal Veneto alla Campania. La smentita del Pdl («voci infondate») non ha evitato di montarci un nuovo caso, nonostante stavolta lo scopo sia fin troppo scoperto. Troppo vicine le Regionali, per non pensare al tentativo di riproporre la Noemi-story.
Ciò di cui sarebbe più utile trattare, invece, senza inutili giri di parole, è lesatto contrario. Ovvero della possibilità che il «partito della gnocca» riesca a sfondare il muro del centrosinistra, un sistema di valori in strenua difesa del «partito della cozza». A lanciare lidea che lunica speranza per risollevare lumore - diciamo così - del Pd sia la «gnocca» è stata Sabrina Ferilli, nota attrice comunista e ora piddina. «È più facile che la Roma rivinca lo scudetto che il Pd risorga... Forse dovremmo fare come Forza Italia, più gnocche nelle liste. Magari porta bene». E qualche giorno dopo, questa unica gioiosa macchina da guerra della sinistra è arrivata persino a firmarsi in un sms come «capolista della lista delle gnocche».
La Ferilli andrebbe candidata. O, in alternativa, promossa talent scout alla pari dellex leader del Pd giapponese Ichiro Ozawa, che ha selezionato grandi bonazze per la Camera bassa di Tokyo (il popolo ha apprezzato). Continuare a piangere sulle Turco o sulle Bindi, diciamola tutta, alla sinistra non rende. Peggio ancora, perseverare nello stile torquemadista del Fatto, che ieri ha associato in ununica condanna morale lesser «velina» e lesser «imputato» (riguardo ai guai giudiziari del candidato pd campano, il sindaco De Luca). Occorrerebbe uno scarto di fantasia, una sinistra meno piagnona e triste, meno noiosa e bacchettona, per invertire la tendenza al cilicio. Laddove, invece, anche negli scandali i toni rimangono patetici.
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