«Improvvisamente calò un silenzio assoluto. Mi affacciai nel corridoio e diedi unocchiata. In fondo, in quella stanzetta che chiamavano il salone, vidi il corpo inerte di Hitler. Era seduto sul piccolo canapè, ripiegato su sé stesso. Eva era vicino a lui, raggomitolata, il petto quasi le toccava le ginocchia». Rochus Misch fu lultimo soldato tedesco a lasciare il bunker del Führer poche ore prima che lArmata Rossa vi entrasse. E dopo più di sessantanni racconta la propria testimonianza in un libro ora tradotto in Italia da Castelvecchi (Ultimo, pagg. 233, euro 16, traduzione di Maria Vittoria Mancini).
Misch nasce in Slesia nellestate del 1919. Orfano di entrambi i genitori, cresce con i nonni, «proprietari di una vacca, di un maiale e di un ettaro di terra». Il primo incontro con Hitler avviene per puro caso, grazie alla vincita di due biglietti che gli permettono di assistere alle Olimpiadi di Monaco del 1936. «La sua limousine si fermò a dieci metri da noi. Non avevo mai visto uno spettacolo del genere. Si aveva limpressione che il mondo intero esultasse. E cominciai a sognare, a immaginare di far parte di quel quadro». A Misch la politica non interessa: non sa nemmeno di preciso chi sia quelluomo. Quando chiede di entrare nella Verfügungstruppe (larmata di riserva costituita da reggimenti non inseriti ufficialmente nella Wehrmacht) lo fa per accedere alla carriera militare professionista e ottenere così un vero lavoro. La sua richiesta è accettata: Hitler è già conosciuto in tutto il mondo, ma Misch confessa di «non saperne molto di lui. Tuttavia provavo una strana sensazione di benessere. Quellatmosfera mi dava limpressione di essere qualcuno, di avere qualcosa in più, di essere migliore».
Con questanimo partecipa allAnschluss e allannessione della Cecoslovacchia, prima di essere destinato, una volta scoppiata la guerra, in Polonia. Due pallottole lo feriscono. Dopo sei settimane di riposo, torna a Berlino. Sempre per puro caso, gli viene comunicato che farà parte del Begleitkommando, il comando di scorta privato del Führer. È il 2 maggio 1940. I primi giorni non sono facili. Misch ha il terrore di incontrare Hitler: «andando a letto non pensavo che a lui, a come fare per evitarlo. Che cosa avrei potuto rispondere, io, una nullità venuto dalla campagna, di fronte a quelluomo che il popolo intero sembrava venerare?». Lincontro è solo rimandato di pochi giorni: «Sono a un metro da lui. Lo guardo senza vederlo. Sono gelato. Ho caldo. Vorrei sparire». Misch segue il Führer fino allultimo, trasferendosi dal marzo del 45 nel bunker. Assiste alle partenze e alle defezioni di Göring, Himmler, Donitz e Kaltenbrunner, resta nel sotterraneo fino alle tragiche ore del suicidio di Hitler, Eva Braun e della famiglia Goebbels, ma non avrà mai alcuna spinta idealistica, tanto meno penserà di condividerne la fine.
Dopo la prigionia in Russia, tornerà in Germania, dove aprirà una piccola attività in proprio. «Per quanto mi riguarda, penso di aver fatto il mio lavoro di soldato correttamente...
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