Non hanno aspettato neanche il quarto d'ora accademico. Non c'hanno dato neanche l'ora d'aria. Sono usciti allo scoperto subito. I sindacati italiani non ce l'hanno fatta a trattenersi: incontinenza da partigianeria.
Avevano indetto uno sciopero dei piloti aerei per il 23 maggio prossimo. Naturalmente per rivendicare diritti assolutamente fondamentali, per difendere i lavoratori oppressi dal capitale. Cgil, Cisl e Uil: tutti compatti, tutti all'appello. Presenti.
Ieri lo hanno disdetto. Non per una forma di rispetto per quelli che salgono sugli aerei e che non ce la fanno più a dover consultare i bollettini della Cgil invece che gli orari per decidere quando e se partire o no. Non per una sorta di pietà per l'economia italiana. Non per rispetto del sacrosanto diritto che gli italiani avrebbero alla - cosiddetta - mobilità. Nulla di tutto questo. Lo hanno disdetto, udite udite, «come atto di responsabilità - hanno messo nero su bianco - e sensibilità nei confronti del nuovo governo e del nuovo ministro dei Trasporti». Che personcine, che sensibilità, che tenerezza. Siamo ammirati e commossi.
Ammirati per la spudoratezza. Sapevamo già tutto. Sapevamo esattamente che la maggior parte degli scioperi durante il governo Berlusconi erano stati scioperi politici: contro chi governava a prescindere da quel che faceva. C'entravano poco con i lavoratori e ancora meno con il lavoro. Sapevamo anche che avrebbero costituito un vero e proprio catenaccio di potere tra governo e sindacati e che questo avrebbe rappresentato la loro unica speranza di sopravvivenza. Lo sapevamo bene, ma pensavamo che, almeno, avrebbero rispettato le forme. Niente, neanche quelle. Esibizione pura: al governo ci sono i nostri e lo sciopero non si fa.
Capite che in quel comunicato che hanno scritto siamo di fronte ad un linguaggio imbarazzante? Che c'entra la sensibilità verso il governo e il ministro quando si cancella uno sciopero? Improvvisamente le ragioni del governo arrivano a prevalere sulle ragioni dei lavoratori, in questo caso i piloti? Macché, è che con il governo del professor Prodi le ragioni politiche per fare sciopero non ci sono più. Il Professore lo disse che il suo programma era uguale a quello della Cgil. Eccolo confermato. È uno di loro e il sindacato lo difende. Il potere è potere. Altro che scioperi, altro che diritti. Contrordine compagni: prima ci si occupa del governo, poi - se c'è tempo - di tutto il resto.
Chi usa l'aereo per lavorare è contento che lo sciopero sia stato annullato. Anche chi ha a cuore l'economia italiana è contento perché è proprio l'economia del nostro Paese a pagare il prezzo maggiore di questa serie convulsa e irregolare di scioperi nei trasporti. Lo è anche a prescindere da quelle ragioni che hanno addotto per annullarlo, ragioni tanto vere quanto ridicole. Quello che ci fa specie è il ricordo di tutta quella retorica bolsa, inconcludente e anacronistica con la quale ci hanno letteralmente ammorbato i sindacati, Cgil in testa, negli scorsi cinque anni, dicendo che a loro era attaccata la sorte dei diritti dei lavoratori in Italia.
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