Lo spettacolo che si coglie affacciandosi dal terrazzo del palazzo di lungotevere della Vittoria dove viveva Alberto Moravia non è più lo stesso. Con lo sguardo si dominano i Parioli, Monte Mario, lo stadio Olimpico e le Belle Arti. Quello scheletro di ponte metallico che a breve collegherà il rione Prati al Flaminio però non c'era. E lì, in quel punto, l'ansa del Tevere era sempre stata placida, silenziosa e tranquilla. Il terrazzo, dove amava affacciarsi l'autore de «Gli indifferenti», è uno dei tanti tesori che è possibile ammirare adesso che la casa di Moravia è divenuta museo. Libri, fotografie, memorie di viaggi. Ma anche una macchina da scrivere, uno strumento di lavoro insostituibile per lo scrittore che ha raccontato la società italiana dai primi anni Venti fino agli anni Novanta. E poi quadri, oggetti, ambienti rimasti fermi nel tempo, incuranti del trascorrere delle stagioni. Ricordi il grande romanziere, scomparso nella Capitale il 26 settembre del 1990, ha conservato nell'attico che si affaccia sul Longotevere della Vittoria 1 dove ha abitato fino alla sua morte. E che ora, dopo un'attesa di venti anni, è finalmente visitabile con tutte le sue bellezze e i suoi «gioielli» nascosti.
Particolare soddisfazione la dimostra Dacia Maraini, per anni compagna di Moravia, e tra i più strenui propugnatori del progetto della casa-museo insieme con Gianni Borgna, ex assessore alla Cultura del Campidoglio. «Aprire questa casa-museo - ricorda la Maraini - è stata un'operazione tutt'altro che semplice, anche se attesa fortemente da tutti coloro che lo apprezzano. E che in questo modo potessero continuare a frequentarlo».
«D'altra parte - aggiunge l'autrice di «Buio» - soltanto in Italia le case degli scrittori non vengono aperte al pubblico. Quando vado in Russia, ad esempio, vado sempre a vedere la casa di Tolstoj. In Austria, inoltre, anche l'abitazione di Freud è accessibile. Perché in Italia non facciamo come all'estero? Soltanto noi italiani abbiamo la memoria corta e fragile: siamo incapaci di ricordare gli scrittori mettendo a disposizione di tutti i luoghi in cui hanno vissuto. Oppure, chissà, per essere più precisi, non vogliamo proprio ricordare».
Adesso, chi vuole conoscerlo, ha uno «strumento» in più. Potrà visitare, infatti il luogo in cui Moravia ha abitato e lavorato. Potrà vedere gli oggetti che arricchivano la sua casa e i suoi tanti libri. C'è il suo studio ancora intatto, ma anche il suo archivio con le sue lettere le sue fotografie. Un patrimonio molto complesso ed articolato che, in questi anni, abbiamo preparato, raccolto e messo a posto.
La casa-museo dell'autore degli «Indifferenti» è, suo malgrado, paradigma dei difetti della nostra burocrazia. Ci sono voluti vent'anni per realizzare quest'obiettivo. «Ottenere questo obiettivo - spiega la Maraini - è stato faticoso. La casa-museo, in fondo, si sarebbe potuta aprire almeno dieci anni fa. Di fatto, regalarla al Comune di Roma è stata un'impresa. Sarebbe stato più semplice venderla. E avremmo fatto anche prima».
Dal primo dicembre la casa-museo sarà aperta al pubblico. Ad accedere nell'appartamento saranno, di volta in volta, piccoli gruppi di appassionati.
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