L'altro Mussolini: storia del fabbro di Predappio

Vita del papà di Benito, un uomo, un socialista, un artigiano mancato, un politico acquisito che non si arricchì del suo ruolo sociale ma finì per fare del bene a costo di morire povero e malato. Un racconto che fa luce su ciò che sta alle spalle del Duce

L'altro Mussolini. Alessandro non Benito. Il padre non il figlio. Il fabbro di Predappio non il giornalista. Il socialista. Poi il duce del Fascismo. Il volto meno noto della famiglia che ha diviso gli italiani. Il volto meno noto di un cognome cui viene associato sempre e soltanto l'artefice della marcia su Roma. Vittorio Emiliani, ex direttore del «Giorno» e del «Messaggero» ha scritto la biografia di uno dei personaggi meno noti della storia italiana a cavallo tra Otto e Novecento in Romagna. «Il fabbro di Predappio» (Il Mulino, pp. 188, euro 15) è una lettura accattivante e piacevole perché ha l'aria di un racconto.
L'autore esce dal paludamento accademico che normalmente richiede al lettore uno sforzo di concentrazione e di interesse preciso e offre invece una scrittura leggera per una trama che assume i contorni di una storia di famiglia, infarcita con ricordi tramandati dai propri nonni e bisnonni. Originario di quelle zone, Emiliani rievoca i racconti di chi conobbe direttamente il fabbro di Predappio e lo stesso Duce, nei suoi anni dell'adolescenza e della gioventù. E questo, pur ridimensionando inevitabilmente il valore e lo spessore storico della sua opera, restituisce nitidezza di contorni, freschezza dei particolari.
Alessandro Mussolini è il fabbro che non è mai stato. Un uomo del popolo. Un uomo di estrazione povera che tale è rimasto negli anni. Una bottega che non entrò mai completamente in attività, un'incudine che rimase spesso fredda senza ricevere i colpi del martello. Colpi che il fabbro decise di muovere però in politica, una passione che non lo abbandonò mai, neppure negli anni del crepuscolo. La «pulètica», come ebbero a definirla i suoi compaesani, che non lo fece diventare mai ricco, come accadeva nei borghi onesti di una volta, e ne prosciugò ogni energia. Mussolini senior, socialista convinto, fece della propria generosità uno scopo di vita e ciò lo portò ad aiutare tutti ma a restare costantemente senza un quattrino. Era donna Rosa Maltoni, la moglie, a mantenere la famiglia grazie alla propria professione di insegnante e proprio quando morì, ancor giovane, i problemi emersero nella loro drammaticità.
In questo grande affresco, ovviamente, balugina a più riprese la figura del futuro Duce, all'epoca anch'egli socialista convinto, compagno di quel Pietro Nenni, anche lui romagnolo, con il quale trascorse gli anni dei suoi esordi in politica. Due strade che poi presero differenti direzioni per due figure importanti quanto diverse nella storia d'Italia. Benito è molto più che un'ombra nella biografia dal padre Alessandro. E' una presenza costante. Permanente.

Occupa e attraversa molte delle pagine di Emiliani, che evidentemente non ne ha voluto sapere di concentrarsi solo sui comprimari di casa Mussolini e non se l'è sentita di fare a meno del personaggio più discusso, controverso, che ha rappresentato pur sempre una parte importantissima della storia del nostro Paese.

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