L'antimafia al botox

Ora c'è una collega, Sandra Amurri, che ha fatto una tragedia solo perché l'Unità non le ha rinnovato un contratto di collaborazione e si limiterà a pagarla ad articolo: che è quello che il Giornale fa con me da 14 anni, per dire, e quello che l'Unità ha fatto con la Amurri sino al 2006. Ma ecco che un elenco di antimafiosi piagnens, la Fondazione Caponnetto, ha scritto una lettera per lamentare l'ingiustizia patita dalla Amurri che ha poi descritto come «un punto di riferimento del sociale» e «parte integrante del movimento antimafia ». Mica una stracciona come noi. Morale: la risposta dell'Unità ha suscitato un drammanella tragedia: «È arrivata solo dopo che è uscita su Dagospia», hanno scritto gli antimafiosi, «non ci ha ancora risposto la direttrice », soprattutto «sono stati forniti solo dati burocratici».

Vero: spiegavano che il contratto era stato risolto per inadempienza della Amurri, personaggio che ora manca lo spazio per descrivere: la sua biografia grondante lutti e vittimismo, i santini dedicati al pm Woodcock, la sua intervista in ginocchio a Hugo Chavez («semplice», «spontaneo», che mangia «un semplice pollo» su «un normalissimo aereo ») e poi le omissioni tipo la sua candidatura con Di Pietro (trombata) e soprattutto le danarose condanne per diffamazione subite da lei e dall’Unità. Più in generale, Amurri a parte, un professionismo antimafia ormai approdato ai tempi del botox.

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