Brianza. Oggi il "cumenda" fa l'ingegnere

L'area tra Monza, Lecco e Como è l'unica in Italia ad avere già recuperato i livelli produttivi pre-pandemia. E l'export è addirittura aumentato del 9% rispetto al 2019. Merito di una rete di aziende che hanno scommesso su tecnologia e mercati internazionali

Brianza. Oggi il "cumenda" fa l'ingegnere

Nel 1952 Renato Caimi da Nova Milanese brevetta la «schiscetta», contenitore in alluminio per conservare i cibi. L'ingegnoso ma tutto sommato semplice sistema di chiusure è preso in prestito dalle antiche balestre e la «schiscetta» diventa alla svelta il simbolo dell'Italia operaia nel periodo del boom economico.

Settant'anni dopo la Caimi Brevetti, l'azienda creata a suo tempo da Renato, fa collezione di premi internazionali nel campo del design, nelle sue camere acustiche vanno a fare i test le migliori università italiane e i suoi pannelli fonoassorbenti ricoprono le pareti di Casa Italia all'Expo che si sta svolgendo in queste settimane a Dubai.

Gianni Caimi, figlio del fondatore, che con i fratelli gestisce la società, è anche presidente della sede di Monza e Brianza di Assolombarda, l'associazione degli industriali. Poche settimane fa ha presentato una ricerca sugli ultimi risultati dei suoi associati: per gran parte degli industriali brianzoli il Covid è un problema che è stato superato: il 79% delle aziende ha già recuperato i livelli di fatturato precedenti il virus, l'84% ha chiuso in utile il bilancio 2021. Quanto alle previsioni, sono più che buone: due imprenditori su tre si aspettano un balzo ulteriore nel 2022, il resto prevede una navigazione sui livelli attuali. Solo sette su cento guardano con timore al futuro.

MOLTE ANIME

Valeria Negri, direttore del Centro Studi di Assolombarda commenta la performance con toni che appaiono ammirati: «Perfino per noi la zona ha dimostrato una capacità di reazione sorprendente. È l'unica provincia lombarda in cui la produzione già a fine 2021 aveva recuperato il livelli pre-pandemia. Intendiamoci: la Lombardia fa meglio dell'Italia, ma la Brianza fa meglio di tutti». Non solo. «Di fronte al calo del giro d'affari nei periodi di lockdown le imprese sono state molto brave ad agire sui costi e sui margini». Si spiega così il fatto che la percentuale di aziende che ha chiuso in utile l'anno scorso è solo di poco inferiore a quella del 2019 (90%).

Il merito, dice Valeria Negri, è di un tessuto industriale «con molte anime», dall'elettronica ai macchinari, dalla farmaceutica all'arredamento. E tutti i settori o quasi hanno dimostrato la propria capacità competitiva rimanendo agganciati ai mercati internazionali. Anzi, in qualche caso approfittando della crisi per migliorare le proprie posizioni. Dopo la caduta dell'export nel 2020 (-6,6%, contro una media lombarda pari a -10,5%), la risalita è stata vertiginosa: tra gennaio e settembre 2021 +8,6% rispetto allo stesso periodo del 2019 (l'equivalente di maggiori vendite per 614 milioni di euro), quasi il doppio della Lombardia nel suo complesso (+4,8%).

Gianni Caimi, figlio di Renato e delle sue schiscette, tenta una sintesi: «La nostra è la capacità di essere imprenditori prima di tutto. Di coltivare le competenze produttive, di settore e di mercato che servono per lavorare bene. Ed è la stessa caratteristica che ritrovo anche nella storia della mia famiglia». Quanto allo spirito imprenditoriale dei brianzoli, il benessere degli ultimi decenni non sembra averlo frenato: con 183 imprese per chilometro quadrato la provincia di Monza e Brianza detiene una specie di primato italiano e forse non solo. Per il resto la crisi pandemica pare avere indotto molte imprese ad avviare cambiamenti strutturali che guardano al lungo periodo: nella ricerca di Assolombarda appena presentata un terzo delle imprese della provincia dichiara di puntare sulla ricerca e sviluppo, il 27% sulla digitalizzazione dei processi e il 18% sulla sostenibilità dei processi e dei prodotti.

EVOLUZIONE DELLA SPECIE

Il «cumenda» dal grande intuito e dalle grandi capacità pratiche, si è insomma sofisticato: bada soprattutto alla tecnologia, all'evoluzione organizzativa della propria azienda e ai mercati internazionali. «Una mano l'ha data una delle caratteristiche premianti delle aziende familiari», spiega Fabio Corno, docente di Economia aziendale all'Università di Milano Bicocca. «La capacità di mantenere la barra dritta anche nei periodi di crisi». Di imprese familiari Corno se ne intende. Insieme al fratello Giorgio, avvocato e solicitor di diritto inglese, guida l'attività dello Studio Corno, società di consulenza per le aziende con un centinaio di professionisti con sede a Lissone. A fondarla, nell'ormai lontano 1948, fu il padre Giacomo, uno dei primi a parlare di internazionalizzazione alle aziende della zona.

Certo, non tutto è rose e fiori. Nonostante l'impeto della ripresa post-pandemia. «Il problema tradizionale è il passaggio del testimone, la successione generazionale, la capacità di gestire insieme le esigenze della famiglia e quelle dell'azienda, la presenza di più rami familiari nella proprietà. Chi ce la fa, riesce a trovare la formula giusta per affrontare il tema», spiega Corno. Poi c'è altro: «Il vento di globalizzazione che arriva dai mercati finanziari pone dei problemi di dimensioni, di rapporto con i fondi, di fusione e acquisizioni». E ancora: «Pesano anche in Brianza fattori di rottura che hanno coinvolto settori come l'automotive e il metalmeccanico».

ENERGIA E MATERIE PRIME

Più netto ancora è il presidente di Assolombarda Brianza Caimi. Sul piano congiunturale, dice, a minacciare la ripresa sono i rincari dell'energia e delle materie prime, i colli di bottiglia logistici che hanno portato un'impennata nei costi di trasporto, e il discorso vale anche per le altre imprese italiane. Ma ci sono anche questioni di sfondo che sui tempi lunghi rischiano di pesare perfino di più sulle aziende brianzole. In primo piano il problema delle infrastrutture fisiche: «La pianta dei collegamenti stradali vede una doppia struttura radiale intorno a Milano e Monza. Sono del tutto insufficienti quelli in direzione Est-Ovest. È un problema vecchio che però non è ancora stato risolto e a cui bisognerà mettere mano».

CERCASI PERSONALE

Il vero freno allo sviluppo rischia di essere, però, un altro. Questa volta legato al fattore umano. «Mancano, a volte in maniera drammatica, i tecnici, le persone in grado di far funzionare aziende sempre più digitalizzate e complesse», dice Caimi. «Chimici, ingegneri, analisti e sviluppatori software, manutentori: molto semplicemente, non si trovano. Sono venuti al pettine i nodi di una scuola che ha messo ai margini l'istruzione tecnica, considerata di Serie B». Il tema secondo Caimi è incentivare le discipline scientifiche conosciute con l'acronimo inglese Stem (Science, Technology, Engineering e Mathematics). «Quanto a noi puntiamo molto sul rapporto e sulla promozione degli Its, gli istituti tecnici superiori, percorsi post-diploma tarati sulle realtà aziendali».

La dimostrazione di quanto conti il fattore umano e di quanto possa condizionare lo sviluppo delle aziende si trova a pochi chilometri da Monza e più esattamente a Cernusco Lombardone, sede della Technoprobe, una delle realtà più promettenti della zona, ormai prossima alla quotazione in Borsa (vedi anche l'articolo in basso). Un gioiello tecnologico, che lavora con tutti i maggiori produttori di microchip a livello mondiale. Ma che ha bisogno di personale di livello adeguato.

«Nel 2012 avevamo un giro d'affari che era ancora intorno ai 20 milioni di dollari», dice Roberto Crippa, vicepresidente esecutivo. «Oggi siamo a 377. Siamo cresciuti tantissimo. Ma potremmo, anno dopo anno, crescere ancora di più. Se solo riuscissimo a trovare i tecnici che cerchiamo».

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