Gli sono bastati sette dei 10 minuti a sua disposizione per spiegare e motivare, per dispiacersi, giustificarsi, e (persino) scusarsi e infine per dare e chiedere solidarietà per il ministro Roccella. Così Vittorio Sgarbi, ieri mattina, all'apertura del Consiglio Regionale, ha confermato le proprie dimissioni da consigliere della lista Noi Moderati al Pirellone, ruolo incompatibile con l'incarico governativo di Sottosegretario ai Beni Culturali. Un discorso iniziato con una confessione. Quella di aver «esitato rispetto ad altre volte. Per la prima volta ho avuto difficoltà nella scelta». «Per qualche settimana - ha ammesso - ho pensato di rimanere in consiglio regionale e magari svolgere anche la funzione di assessore perché la Lombardia è certamente la regione più importante in Italia». Titubante dunque anche dopo che «Ronzulli ha deciso che non ero adeguato a fare l'assessore».
«Posso dire che andarmene mi dispiace, e spero di tornare in questo Consiglio chiamato per qualche commissione in cui il ministero possa dare qualche contributo nelle attività culturali». Ha salutato quindi il Pirellone, ma (ci ha tenuto a dire), «senza nessuna iattanza e senza nessuna sottovalutazione dell'importanza di questo primo Consiglio di Italia».
Poi si è scusato «con la commissione che ha ritenuto che non abbia voluto dare giustificazioni o indicazioni ma semplicemente non avendo ricevuto domande» in risposta a quanto dichiarato dal presidente della Giunta della Elezioni, Luca Ferrari, che aveva spiegato come Sgarbi non avesse mai risposto alle Pec ufficiali in cui gli si chiedeva di comunicare una decisione sul suo incarico: «mai ricevute», si è giustificato il critico. Prima di abbandonare l'aula Sgarbi ha voluto fare un accenno alla contestazione contro la ministra delle Pari opportunità e della Famiglia, Roccella in occasione della presentazione del suo libro al Salone di Torino. E ha chiesto al presidente del Consiglio «una parola per ricordare i diritti democratici, al di là delle posizioni di una sinistra giustamente all'opposizione, del ministro Roccella di poter parlare non come ministro ma come scrittore di un libro. Ci può essere un'opposizione, ma chi ha una posizione deve poterla esprimere».
Quindi «solidarietà al ministro Roccella», perché come ha ribadito più tardi a margine «impedire a uno scrittore di parlare è una censura». «Lagioia avrebbe dovuto chiedere di fare silenzio per un quarto d'ora per consentire al ministro di spiegare il senso del suo libro. La censura del libro è, dal mio punto di vista, la cosa più inaccettabile». Fuori dall'aula ha poi parlato anche dell'ipotesi di trasferire La Pace di Kiev del Canova a Milano.
Sgarbi aveva annunciato l'ipotesi di avere in prestito a Milano la scultura custodita al Museo Nazionale Khanenko di Kiev lo scorso aprile alla presentazione della Milanesiana. «Non ho più saputo niente, aspettavo che il ministro ucraino mi desse una risposta che non mi ha ancora dato».
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