Latinos, una rissa al giorno per finire sul web

L’ultima battaglia a Desio ha visto affrontarsi decine di giovani sudamericani. Il video con gli scontri è stato messo su internet e in poche ore è stato scaricato oltre duemila volte. La mano dura della polizia per sgominare le gang

Enrico Silvestri

Dietro il palasport di Desio decine di latinos, maschi e femmine di varia età. Sembrano si siano dati appuntamento per una bevuta collettiva o forse per un chiarimento. Che non deve esserci stato perché nascono più zuffe subito sedate, fino al mischione finale. Tutto ripreso e messo su «Youtube». Questa mega-rissa e la spedizione punitiva dei «Latin Revolution» contro i «Latin Flow» in via Trevi in città, rappresentano le ultime due bravata delle pandillas. Aggregazioni sempre più aggressive e sempre pronte a contendersi una donna, un pezzo di parco o una fermata di metrò a colpi di coltello e ora anche di bottiglie incendiarie.
La «guerra di Desio» in particolare è stata l’ultima di tre battaglie dopo due giorni fa fuori dal palasport di Sesto San Giovanni e quella della settimana scorsa dietro Niguarda. A far scoprire tutto, un filmato su «Youtube», cliccato oltre 2mila volte in poche ore. Ad accrescere la preoccupazione è anche un messaggio, lasciato nei titoli di coda dagli anonimi cameraman in lingua sudamericana: «el round numero 2 el domingo 5 de giugno». Cioè oggi pomeriggio dove, non si sa.
Ma se in provincia la contesa si è risolta a calci e pugni, in città sono apparse anche le molotov, tre per la precisione, sequestrate insieme a un machete e una spranga di metallo a un gruppo di «Latin Revolution» calati su via Trevi per affrontare i rivali «Latin Flow». La presenza di numerose famiglie, con gli adulti impegnati a dividere i contendenti, e l’immediato arrivo delle volanti, ha impedito ulteriori contatti. Dopo aver bloccato otto giovani, due poi arrestati, gli investigatori si trovano ora a fare i conti con queste aggregazioni, piccole e molto mobili, sorte sulle ceneri delle vecchie «pandillas» sgominate negli anni scorsi.
All’inizio infatti c’erano i Latin Kings, nati nel 1940 a Chicago, che accoglieva giovani dell’Ecuador, Perù, Porto Rico e Repubblica Dominicana. Poi uno dopo l’altro sorsero i Commando, peruviani, Trinatarios, dominicani, Mara Salvatrucha, salvadoregni, rigidamente divise per etnie. In Italia sono arrivati a cavallo alla fine degli anni ’90, con i figli delle prima ondata migratoria dal Sud America. Perfetti cloni delle gang americane, con propri colori, tatuaggi, riti di iniziazione. In comune la violenza, il controllo del territorio, quartieri, strade o parchi da disputarsi a colpi di coltello, piccoli reati, quasi sempre ai danni della comunità latina. La questura di Milano ne capì subito la potenziale pericolosità e creò una sezione specializzata per contrastarle. Le gang vennero colpite pesantemente e sparirono dopo l’arresto dei loro capi.
Ma a distanza di dieci anni dalla loro apparizione, il fenomeno ha cambiato pelle. A cominciare dai nomi. Negli ultimi mesi sono apparsi i «Latin Dangerz», «Los Brothers», «Los Diamantes», «Aspromonte crew», «Trevor», «Latin Revolution» e ora anche «Latin flow». L’aggregazione non avviene più per nazionalità, ma in modo più causale. Non hanno più un territorio, in quanto usano internet per darsi appuntamento, lanciarsi sfide o esibire le proprie bravate. E il terreno di scontro diventano le metropolitane, lungo cui si spostano per apparire, colpire e sparire, con grande rapidità. Basti pensare all’accoltellamento dell’altra sera in Oberdan, dove un salvadoregno di 25 anni è stato ferito da quattro sudamericani tra cui un cileno denunciato la settimana prima per un rissa in Sempione. O all’aggressione di un ecuadoriano di 19 anni colpito da un fendente in Duomo, dopo un lancio di insulti via Face Boook altri pandilleros.


L’altro pomeriggio verso le 18 arriviamo all’agguato ai giardini di via Trevi, a colpi di bottiglie incendiarie. E l’uso di molotov, lascia pensare che si tratti delle stesse bande protagonste di uno scontro a Niguarda il 25 marzo.

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