Nel 1975 Vaclav Havel, non ancora quarantenne, scrisse una lettera al segretario del partito comunista cecoslovacco, Gustav Husak, che di lì a poco sarebbe diventato presidente. Si può anche ridurre ad una sacrosanta recriminazione dell'intellettuale liberale contro la politica di normalizzazione che il partito stava facendo rispetto alle blande concessioni del socialismo dal volto umano di Dubcek. Ma è molto di più. Havel non diventerà mai nell'immaginario collettivo un Mandela dell'Est a cui viene accomunato nella raccolta Lettere che hanno cambiato il mondo. Per il semplice motivo che non era di sinistra, non era un «sincero democratico», il regime che combatteva era quello comunista, e la sua ispirazione era quella del liberalismo austriaco, tosto, quello di Hayek per intenderci. «Anche se si legge nella lettera - ogni giorno un uomo prende ordini senza fiatare da un superiore incompetente, e pratica con solennità atti rituali che dentro di sé trova ridicoli; se senza esitare risponde a questionari in modo opposto alle sue reali opinioni ed è disposto a rinnegare sé stesso in pubblico, se anche egli non trova difficoltà nel fingere simpatia o perfino affezione laddove in realtà non prova se non indifferenza o avversione, ciò comunque non vuol dire che abbia del tutto perso l'uso di uno dei fondamentali sensi umani: il senso della dignità».
Pensate ai nostri tempi, e alle nuove e più subdole forme di controllo della nostra vita e capirete come sono attuali queste parole e soprattutto come si insinuano sotto alla nostra pelle gli ordini dei nostri regimi, anche quelli democratici. C'è in quella lettera una perfetta consapevolezza dell'arrendevolezza umana: «Al tempo stesso giace in noi la tendenza a soccombere all'apatia totale, a interessarci a nient'altro che ai nostri stomaci e a sprecare tempo a ingannarci a vicenda. E sebbene l'animo umano non sia affatto una brocca che si può riempire di qualsivoglia liquido (si notino le arroganti implicazioni di quel terribile modo di dire, tanto frequente nei discorsi ufficiali, quando «noi» vale a dire «il governo» ci lamentiamo che stanno inculcando un'idea o un'altra nella testa della gente), cionondimeno dipende molto da chi sta al potere quali di queste opposte tendenze dormienti nella società saranno risvegliate, quali potenzialità avranno l'opportunità di trovare appagamento e quali saranno invece soppresse». Le opposte tendenze di cui parla Havel sono appunto l'apatia agli ordini del governo e la forza della libertà e delle proprie ambizioni.
Questa in fondo è una
recensione di una lettera, ma anche qualcosa di più. Un messaggio che solo qualcuno può capire. Come uno di quei magnifichi giochi di illusione ottica, ci si augura che qualcuno riesca a cogliere il senso delle parole di Havel.
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