Concorsi pubblici, il posto fisso non è più il sogno degli italiani

In diciotto mesi 265mila persone hanno partecipato a più concorsi e il 20% dei vincitori ha scelto il posto migliore lasciando scoperte posizioni preziose per la pubblica amministrazione. Un fenomeno in crescita e di difficile soluzione

Concorsi pubblici, il posto fisso non è più il sogno degli italiani
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Il concorso pubblico è come un uomo o una donna affascinanti con i quali flirtare senza convolare a nozze.

Lo sostiene, ovviamente con altri termini, il Centro servizi, assistenza, studi e formazione per l’ammodernamento delle Pa (Formez Pa) il quale, osservando il periodo che va dal mese di gennaio 2021 al mese di giugno del 2022, ha costatato un fenomeno: i concorsi pubblici fanno il tutto esaurito, tant’è che 265mila candidati hanno partecipato a più bandi, ma il 20% di chi se li aggiudica fa un passo indietro.

Percentuale che sale al 50% se si considerando soltanto i posti di lavoro a termine.

Il concorso pubblico e la sua ambivalenza

La riforma della Pubblica amministrazione ha dato vita a numerosi concorsi ai quali gli italiani hanno risposto con particolare interesse.

Il Formez Pa ha elaborato oltre 2 milioni di richieste per partecipare ai concorsi pubblici e 265mila candidati hanno fatto domanda per accedere a più selezioni, risultano idonei in misura del 26%.

Il fenomeno va fotografato dall’interno: il 20% di chi si aggiudica un concorso decide alla fine di optare per altre soluzioni professionali e, nei casi in cui un candidato ne ha vinti più d’uno, sceglie quello che ritiene più soddisfacente ma ciò è tanto normale quanto scontato. In ogni caso la Pa si ritrova con un deficit tra gli effettivi, considerando anche che, quando il concorso dà accesso a un impiego a tempo determinato, la percentuale dei rinunciatari sale al 50%.

L’identikit dei concorsisti

Hanno un’età media di poco superiore ai 40 anni, sono per lo più donne, provengono dal Sud in misura di due terzi e il 43% del totale ha una laurea in giurisprudenza. La provenienza gioca un ruolo fondamentale, perché molti dei candidati che rifiutano l’impiego trovano poco vantaggioso spostarsi al Nord, dove gli affitti sono più cari ed erodono una parte consistente dello stipendio.

Al di là del profilo tipo del concorsista, ciò che allarma la Pa è anche il poco appeal che il concorso pubblico esercita. Oggi si presentano mediamente 40 candidati per ogni posto messo a concorso contro i 200 del 2019 e questo rappresenta un problema di una certa entità, perché entro il 2033 più di un milione di dipendenti statali andrà in pensione e si stenta non poco a trovare forze fresche da inserire negli organici.

Le necessità della Pa

Nel corso dei prossimi anni sono previste uscite di personale che lavora nella scuola (463.257 persone), nella sanità (243.130) e negli enti locali (185.345). Inoltre, e anche questo dato conduce alla necessità di programmare il futuro sul medio-lungo termine, gli impiegati pubblici che non hanno ancora compiuto trent’anni sono il 4,8% ovvero, se si considerano solo i ministeri, la scuola e gli enti locali, ci sono due impiegati stabili under 30 ogni cento dipendenti. Oggi si contano 3.266.

180 dipendenti pubblici, lo 0,8% in più rispetto al 2021 e, di questi, circa 2,9 milioni hanno un posto fisso, ai quali si aggiungono 437mila contratti flessibili.

Anche i bandi pubblicati vanno in una simile direzione: il 72% riguarda assunzioni a tempo indeterminato, il 24% è relativo a contratti a termine e il 4% è destinato a incarichi di collaborazione.

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