Attrice, regista e scrittrice. Una donna sempre in movimento Simona Izzo: “Non c’è mai stato un giorno che non mi sia rimboccata le maniche”, racconta nella nostra intervista esclusiva, e sui soldi, per educazione ed esperienza di vita, ha un’idea precisa. Per lei il denaro: "Ha sempre un prezzo. Avere successo, essere una persona nota e forse fortunata - spiega - ha un rovescio della medaglia che molti non immaginano."
Che rapporto ha con il denaro?
“Sono cresciuta con una nonna che diceva che i soldi sono solo carta sporca, e devi spenderli e liberartene il prima possibile. Una donna un po’ "cicala" che pur essendo del secolo scorso, ha sempre lavorato tanto, facendo la maestra e crescendo 8 figli. Poi mio padre, un artista, un libero professionista che non sapeva mai se alla fine del mese poteva comprare quel vestito che a noi figlie piaceva tanto, o se dovevamo aspettare quello successivo. Per questo il mio rapporto con il denaro è strumentale, penso serva a dare gioia e a far stare bene le persone, me compresa.”
Per cosa lo usa principalmente?
“Alla mia età sono fiera di aver supportato i miei quattro nipoti dal punto di vista scolastico, perché insieme a Ricky (Tognazzi), che è il vice nonno, ci siamo assunti questa responsabilità. Parlano tutti correttamente inglese e certe volte non riesco proprio a comprenderli tanto sono bravi. In questo senso il denaro per me è stato un’arma, qualcosa che mi è servito per fare delle cose importanti per le persone che amo. Però non esiste pane senza pene.”
Che vuol dire?
"Il mio lavoro è basato principalmente su di me, sulla speculazione che faccio nei miei confronti. Creare un'opera non è sempre facile e non sempre si hanno riscontri. Ho impiegati molti anni per scrivere film che ho poi realizzato, ma molte volte non ci sono riuscita, perché convincere un produttore a mettere dei soldi su un progetto non è semplice. Anche se ho avuto popolarità, anche se qualcuno mi ritiene una persona fortunata, la mia fortuna la devo realizzare ogni ogni giorno."
Il successo economico di un uomo è uguale a quello di una donna?
"Chi ha successo, in un modo o nell’altro, fa fatica. C’è sempre un giudizio molto pesante, soprattutto per quanto riguarda il lavoro delle donne. Eppure noi siamo state quelle che durante la guerra, con gli uomini al fronte, abbiamo mandato avanti l’economia. Ho un grandissimo rispetto per il lavoro maschile, ma soprattutto per quello femminile, perché deve conciliare la famiglia con la professione. Ancora oggi nei confronti delle donne c'è un pregiudizio. Quando arriviamo sul set, Ricky lo salutano chiamandolo ‘maestro’, a me invece: ‘dottoressa’. Non ho mai capito perché, ma va bene così."
Si ricorda la prima volta che ha guadagnato dei soldi?
“Avevo sei anni e dovevo doppiare un bambino nel film di Vittorio De Sica Il Giudizio universale. Quando sono arrivata con mia madre e ho visto che si trattava di dare la voce ad un maschio, mi sono rifiutata e volevo andare via. De Sica mi ha spiegato che fino ad 11 anni maschi e femmine hanno lo stesso timbro di voce, ma io ero irremovibile. Mentre stavo uscendo, il ‘maestro’ mi ha messo in tasca qualche caramella, e in quel momento ho capito che nel lavoro, che poi i miei chiamavano ‘studio’ perché a quell’età stavo imparando il doppiaggio, c’era una contropartita, così decisi di farlo."
Alla fine ha avuto la parte.
"Però l'idea di aver ceduto, mi fece scoppiare a piangere, ma andai comunque avanti perché avevo dato la mia parola. De Sica fece registrare quel pianto e alla fine mi disse profeticamente che avrei fatto quel lavoro, perché non solo avevo capito la fatica, ma anche ‘la controparte’ che ne derivava. È stata quella la prima volta che ho compreso che il mio lavoro, la mia persona, il mio corpo e la mia sensibilità, mi avrebbero potuto far vivere.”
Cosa ha comprato con quei soldi?
“All’epoca nulla, li metteva da parte mia madre dicendo che sarebbero serviti per gli studi. Sono cresciuta proprio con l’idea che lavoro significava anche studio, andare avanti, migliorare, per questo non ho mai voluto vicino a me uomini ricchi, casomai ho scelto compagni che lo sarebbero poi diventati. I primi guadagni che ho poi gestito, sono arrivati a 18 anni, e ci ho comprato un frigorifero a rate. Avrei potuto prendere una macchina, vestiti o scarpe, ma ho pensato che quell'elettrodomestico mi sarebbe servito in futuro, quando fossi andata via da casa dei miei genitori. Avevo già l’idea della cura, del riporre il cibo, di famiglia e moglie, anche se ancora non lo ero.”
Quale è stata la spesa più folle che ha fatto nella vita?
“Una casa sull’isola di Favignana dove pensavo sarei andata a vivere. Poi non l’ho fatto, ma la casa è sempre lì, in uno dei posti più belli del mondo. È scavata nel tufo con 10mila metri quadri di giardino con affaccio sul mare. L’abbiamo presa io e Ricky, intestandola ai figli, con un mutuo che stiamo ancora pagando e non sappiamo quando finirà. Anche in questo caso, il denaro è stato usato per qualcosa che ha fatto bene alla mia vita e quella delle persone che amo.”
A parte la casa, ha fatto qualche altra forma di investimento per il futuro?
“Ho fatto studiare i miei nipoti.
Non ho mai avuto soldi a sufficienza per poterli investire, e non ho voluto farlo. Continuo a sentirmi più cicala che formica. Preferisco investire sulle persone, come mi ha insegnato la mia famiglia, soprattutto per farle studiare. Poi sopravviverò con la pensione, e con quello che riuscirò a fare.”- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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