Leader Pd, lavoro usurante: incassa un no per ogni scelta

Bersani è eterodiretto. La Cgil sull’articolo 18, l’Idv sulla giustizia, Sel sulle liberalizzazioni: c’è sempre qualcuno che decide per lui

Leader Pd, lavoro usurante: incassa un no per ogni scelta

Fare il militante della sinistra è davvero un lavoro usurante. Per quante buone idee possa avere deve sempre fare i conti con qualcuno che gliele blocca. Toccare il mercato del lavoro? La Cgil dice no. L’articolo 18? La Cgil dice no ancora più forte. Riformare la giustizia? Di Pietro lo impedisce. Liberalizzare? Vendola si oppone. Riforma dei contratti? Il sindacato non dà il permesso. Roba che se uno è un po’ instabile gli viene difficile anche andare al ristorante. «Trenette al pesto o riso ai carciofi?». «Non lo so, aspetti che telefono un attimo alla Camusso». «E di secondo vuole una bistecca?». «Sì ma solo se c’è il consenso del capogruppo Idv».
Povera sinistra: da quando è crollato il muro di Berlino, dev’essere crollata anche l’autostima. Una volta, per esempio, con Berlinguer si faceva lo strappo dall’Urss: adesso non si riesce nemmeno più a strappare da Nicola Nicolosi, responsabile Cgil per il settore pubblico. È una storia che va avanti stancamente da qualche anno, per la verità: ricordate i famosi diktat del signor No Cofferati? E quelli di Rifondazione che teneva in ostaggio Prodi con i ministri che sfilavano addirittura contro il governo di cui facevano parte? Ecco: non è cambiato nulla. Loro sono sempre lì a elaborare teorie, a discuterle nei loro salotti, a condividerle nelle retrobotteghe oscure. Poi però quando arriva il momento del dunque sono costretti a chiedere: «È permesso?».
C’è sempre qualcuno che li deve autorizzare. E che, per altro, alla fine non li autorizza mai. Possiamo fare questo? No. Possiamo fare quest’altro? Macché. C’è sempre un agente esterno, un supervisore finale, una specie di Notaio Ultimo e Definitivo dalle cui labbra la sinistra pende come un cucciolo dalle mammelle lattose. C’era una volta il centralismo democratico: adesso c’è il de-centralismo democratico. Nel senso che le decisioni importanti vengono tutte decentrate, cioè prese altrove: il partito alle volte non sembra nemmeno che sia diretto. Però, in compenso, è sempre eterodiretto.
Voi capite, non dev’essere facile. Uno si alza al mattino, si fa venire un’idea, e poi se la deve far certificare dal Comitato Esterno. Che in genere rimanda tutto al mittente con perdite annesse. Il professor Ichino, per dire, che da anni studia il mercato del lavoro propone una riforma? Il Comitato Esterno dice no. Enrico Letta, per dire, che da anni si occupa di questi temi propone interventi liberali sull’economia? Il Comitato Esterno dice no. Capite? È un’umiliazione. Nei partiti di un tempo c’erano i generali e i colonnelli. Qui sembra che siano rimasti solo posti da portaordini.
Per carità, non stiamo dicendo che nel Pd non ci sia discussione. Anzi, tutt’altro: non riuscendo a esprimere una linea, su ogni cosa ne esprime in genere almeno due. C’è chi vuol liberalizzare tutto e chi al contrario non vuole liberalizzare nulla, i fan dell’articolo 18 e quelli che vorrebbero abbatterlo, i dalemiani conservatori e i liberal alla Morando, i fioroniani, i fassiniani, financo i franceschiniani, area 360, a sinistra, semplicemente democratici e democratici davvero. Si potrebbero chiamare correnti, ma la corrente dà l’idea di qualcosa che corre, che si muove, che si dà da fare. Questi invece girano a vuoto in attesa che qualcun altro dica quello che devono pensare.
Ecco: il problema è tutto lì. Sono passati ventidue anni dalla caduta del Muro e i leader della sinistra non hanno ancora capito che cosa devono pensare. Finora li ha tenuti insieme l’odio per Berlusconi, il miglior collante per tutti i cocci della storia. Ma adesso che Berlusconi non è più al governo e il berlusconismo è sulla via del tramonto, sono completamente spiazzati. Voi capite il disorientamento. Se la riforma dell’articolo 18 la proponeva Berlusconi, è ovvio, la risposta arrivava come un riflesso incondizionato: è una cosa brutta, sporca, porca e cattiva. Ma se la propone la Fornero? Non si può più reagire d’istinto, non è più possibile inserire il pilota automatico e rispondere a occhi chiusi con il mantra del no Cav. Forse allora occorre esprimere un’opinione, forse addirittura occorre manifestare un pensiero. Ed ecco che succede una cosa strana: drammaticamente in tutto il Pd si accorgono di non averne nemmeno uno. Ne hanno tanti, per la verità, ma nessuno che sia condiviso. E che dunque dia un senso al loro stare insieme, una volta defenestrato l’odiato Silvio.

Quindi, poveretti, rimangono lì, divisi e litigarelli, assorti in inutili e solipsistiche risse, frantumati in mille rivoli e avvolti in mille dibattiti che non servono a nulla se non a trascorrere un po’ di tempo. In attesa che arrivi qualche Camusso a dire loro che cosa fare. E, soprattutto, cosa non fare.

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