Cosa lascia Cormac McCarthy in testamento all'America e al mondo occidentale

L'ultimo romanzo del compianto scrittore americano, The Passenger, è un tentativo estremo di andare in profondità dell'essenza americana

Cosa lascia Cormac McCarthy in testamento all'America e al mondo occidentale
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Dopo più di quindici anni e un’attesa estenuante per i suoi fan, Cormac McCarthy, morto il 13 giugno all’età di 89 anni, un romanzo, anzi, con un dittico, che tocca i grandi temi della sua produzione letteraria e in parte della sua vita. Se Stella Maris, la seconda parte, è ancora inedito in Italia, The Passenger è già uscito per i tipi di Einaudi con una traduzione letterale, Il Passeggero. Il protagonista è un sub, Bobby Western, che si trova a dover analizzare i resti sommersi di un relitto aereo caduto nel delta del Mississippi, un viaggio simbolico il suo negli abissi e nella parte oscura dell’America. Infatti manca la scatola nera e non si trovano i resti di un decimo passeggero registrato. Western ha nel nome il destino dell’Occidente, ed è un destino cupo, pur partendo con le premesse migliori: è un prodigio della matematica che non finisce gli studi, figlio di due scienziati del Nord che si trasferiscono in Tennessee per lavorare al progetto Manhattan negli anni Quaranta che avrebbe portato alla realizzazione della bomba atomica.

C’è un dettaglio autobiografico: anche McCarthy, quando si trasferì in Tennessee al seguito del papà per lavorare nella Tennessee Valley Authority, veniva dal New England, da Providence, in Rhode Island, città natale di Howard Phillips Lovecraft, un altro autore che ha indagato un differente lato oscuro dell’anima americana. In questo libro poi c’è sintetizzata la verve filosofica dell’autore, spesso venata da toni apocalittici e pessimistici e la fa esprimere in lunghe digressioni al protagonista, che spesso spazia con la mente e con le pensiero utilizzando la formula del racconto della memoria.

Chi è però davvero Western? Di sicuro il personaggio è un classico outsider già presente in altre opere dell’autore, che guarda la realtà con disincanto profondo, senza però perdere una remota speranza nei sentimenti profondi nei confronti di una donna misteriosa. Non rappresenta solo quello però: già nel nome è la Civiltà Occidentale che viaggia verso l’autodistruzione di sé, non riuscendo ad affrontare i propri demoni, sia quelli esterni (non è un caso che l’azione si svolga nel Profondo Sud con tutta la sua eredità storica di schiavitù e segregazione) sia quelli interni (il protagonista fa uso massiccio di droghe). Nonostante lo scenario non sia apocalittico come ne La Strada, qui il senso di fine è interiore.

L’assenza di significato ultimo domina come e più che in altre opere di McCarthy ed è anche per questo che Il Passeggero insieme con il suo libro gemello Stella Maris rappresenta un testamento dello scrittore che ha sempre affermato di trovarsi meglio con gli scienziati che altri uomini di lettere, forse anche per la sicurezza che la scienza dura offre rispetto alla filosofia, vista come un mare sterminato dov’è facile perdersi. Per quanto riguarda la prosa, McCarthy mantiene sempre quel tocco magico di chiarezza mista a pienezza di significato, con frasi citabili usate a più non posso, forse in modo eccessivo rispetto ad altri suoi lavori precedenti. Del resto, la mente del protagonista, Bobby, è quella di una persona molto dotata ma anche irrisolta, che non ha saputo portare a compimento quello che il suo talento gli avrebbe consentito.

Difficile dire ora, a mente ancora sconvolta per l’improvviso annuncio della morte di McCarthy, se quest’ultimo lavoro incarni il Grande Romanzo Americano come a suo tempo aveva fatto Meridiano di Sangue.

In ogni rigo dell’opera però possiamo scorgere un tentativo estremo di andare in profondità dell’essenza americana. Senza sconti, senza tabù e senza timore di scoprire cose sgradevoli. Un finale straordinario per quello che già adesso è uno dei più grandi scrittori americani di sempre.

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