“Spare. Il Minore”, l’autobiografia del principe Harry dovrebbe essere valutata cercando di separare il più possibile due piani che, inevitabilmente, si intrecciano tra loro: quello dello stile narrativo e quello delle storie che il duca e Moehringer hanno scelto di raccontare. Questa distinzione tra tecnica e contenuto andrebbe esaminata in modo diverso rispetto ad altre opere, poiché Harry non ha scritto da solo il libro e ciò, inevitabilmente, ha condizionato il risultato finale.
Lo stile di Moehringer, i sentimenti di Harry
Da un punto di vista tecnico, ovvero di scrittura, di stile, il memoir è perfetto. La penna di Moehringer scorre tra le pagine, tra i giorni dell’esistenza di Harry fino a oggi, lineare, con un’abilità che solo gli anni e il mestiere possono dare. Il ritmo della storia è incalzante, molto spazio viene lasciato ai pensieri e alle impressioni di Harry. La narrazione non abusa mai delle descrizioni di persone e luoghi, lasciando, invece, che il lettore visualizzi la scena presentata attraverso pochi, ma essenziali dettagli.
Anche i dialoghi sono essenziali. A tratti sembra di vedere un film. Molto interessante è la scelta di aprire il libro con un incontro chiarificatore, dopo il funerale del principe Filippo, tra Carlo, William e Harry e usarlo come espediente narrativo per iniziare a raccontare la vita del duca ribelle.
Il principe lagnoso
La vera nota dolente del libro è nelle continue lamentele di Harry, contro il fratello, la famiglia, i media che, in parte, rallentano il ritmo del libro. È come se il principe avesse studiato per anni pianoforte, avendo a disposizione tutte le melodie più emozionanti create nei secoli, ma scegliesse di suonare per giorni interi (nel nostro caso per 531 pagine) sempre la stessa nota, che suona più o meno così: ‘Io sono la “Riserva”. Non sono “l’Erede”. Dicono sia una “nullità”. La stampa mi perseguita come fece con mia madre’.
Lo ripete fino allo sfinimento. Del lettore, naturalmente, il quale ancora prima di raggiungere la metà del libro potrebbe provare il forte desiderio di volare fino a Montecito, incontrare Harry, afferrarlo bonariamente per le spalle e scuoterlo, implorandolo di reagire, risvegliandosi dall’autoipnosi procurata da quell’unica, cupa nota di vittimismo. Nel memoir il principe commette altri due errori madornali: dividere in maniera netta, tra buoni e cattivi, il suo mondo, collocandosi immancabilmente dalla parte dei primi. Con lui o contro di lui.
Non prendersi del tutto la responsabilità delle sue parole e della loro dimostrazione. Nelle prime pagine di “Spare. Il Minore”, Harry chiarisce, citando una frase di Faulkner: “In ciò che ricordo e in come lo ricordo c’è la stessa verità…dei fatti oggettivi…i dettagli come la cronologia sono spesso favole che ci raccontiamo”. Il principe vorrebbe opporre questo ragionamento all’invadenza della stampa, che giudica “sadica” e isterica nei suoi confronti. Ma cosa accadrebbe se gli storici, gli scienziati o i giudici nei tribunali pensassero una cosa del genere? Saremmo in balìa delle chiacchiere senza fondamento. Tutto si ridurrebbe a qualcosa come “È giusto perché lo dico io”.
Ricordate quando, dopo le accuse di razzismo lanciate dai Sussex contro i Windsor da Oprah, Buckingham Palace diffuse un comunicato in cui precisò: “Alcune ricostruzioni possono variare”? Ecco, per Harry la sua ricostruzione dei fatti non potrebbe mai variare, pur con tutte le incertezze di memoria: sarebbe l’unica sincera a prescindere. Una deriva pericolosa, che stiamo vedendo in un certo tipo di pensiero orientato al politicamente corretto.
William, la "nemesi"
Nel memoir a fare la figura peggiore è il principe William, la "nemesi", l'antagonista del duca. Harry lo descrive irascibile, prepotente, viziato. Lo spirito di un vecchio colonialista, che considera l’Africa una cosa “sua”, in un corpo giovane, ma già aggredito dalla calvizie e con un "cipiglio" che lo rende arcigno. Insomma, la versione maschile della strega delle fiabe, dipinta con un pennello intinto nel veleno. Così caricaturale da risultare poco credibile. Sembra quasi che il principe Harry voglia denigrarlo per mostrarsi come unico, vero erede di Lady Diana. La principessa che “abbracciava la vita”, che detestava “la falsità” e, nella bara, tiene tra le mani incrociate una foto dei suoi due figli. Il risultato, invece, sarebbe l’esatto contrario: più Harry riserva al fratello frasi al vetriolo, più emergerebbe il suo complesso di inferiorità.
Il padre, “L’Altra Donna”, la sorella acquisita
Re Carlo III fa una figura migliore: uomo poco incline alle dimostrazioni d’affetto, ma colto, sensibile, amante della Storia, dell’arte, sportivo (anche se le partite di polo gli avrebbero procurato diversi incidenti e dolori permanenti che il re cercherebbe di lenire, su consiglio medico, facendo una buffa verticale).
Camilla è “L’Altra Donna”, non la matrigna cattiva, ma la persona che si sarebbe servita senza scrupoli della stampa per conquistare le simpatie del popolo, schiacciando chiunque le si parasse davanti. Harry compreso. Kate Middleton è, almeno nella fase iniziale, la sorella che Harry non ha mai avuto. Il duca ritiene che le porterà via William, ma trova comunque in lei un’alleata, uno spirito affine. Almeno fino all’arrivo di Meghan.
Nonostante tutti i difetti, però, vale la pena leggere il libro, non solo perché è ben scritto, un buon esempio di letteratura moderna, ma anche per entrare nel pensiero di Harry, guardare il mondo e la royal family attraverso i suoi occhi, pur sapendo che la sua non è una visione imparziale (come lui vorrebbe far credere). Forse non avremo mai la versione dei fatti dei Windsor, ma “Spare.
Il Minore” ci racconta chi potrebbe essere Harry dietro alle accuse alla famiglia: un uomo che non avrebbe ancora trovato se stesso, con lo sguardo rivolto al passato, incapace di vivere il momento presente, di cercare uno scopo, perché troppo impegnato a recriminare. Forse, per lui, sarebbe ora di comprendere che “c’è vita oltre i media e la royal family”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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