La vecchiaia? Un inedito stile di vita per Vittorino Andreoli

Nel suo nuovo libro intitolato "Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio), lo psichiatra Vittorino Andreoli ci parla di questa fase della nostra esistenza tutta da rivalutare e vivere a pieno

La vecchiaia? Un inedito stile di vita per Vittorino Andreoli

La vecchiaia può diventare una fase dell’esistenza di ognuno di noi, fonte di sorprese e scoperte inimmaginabili.

Non deve essere ritenuta solo una pura convenzione sociale o intesa come l’ultimo capitolo della vita che ci traghetta sempre più verso la tanto temuta morte. Può regalarci l’opportunità per continuare a metterci in gioco imparando un nuovo modo di stare al mondo in cui regna il ben- d’essere. È questo uno dei tanti messaggi che ci trasmette lo psichiatra e scrittore Vittorino Andreoli nel suo libro intitolato “Lettera a un vecchio (da parte di un vecchio” edito da Solferino.

In una sorta di lettera intimistica e profonda, degna di nota, Andreoli si rivolge a tutti coloro che stanno attraversando questa fase della loro esistenza, senza distinzione di genere o ceto sociale, con un senso di umanità spiccato e un’empatia che scalda il cuore. La sua “Lettera a un vecchio” è un’analisi esistenziale di quella che è la vecchiaia che deve essere prima di tutto accettata per quella che è. Andreoli infatti non è a favore dell’utilizzo di denominazioni come “terza età” o “longevità” che nascondono la non accettazione di questa fase che per molti deve essere ritenuta un vero e proprio “privilegio”. Nel suo libro si schiera contro quelli che definisce i giovanilisti, ossia coloro che fuggono dalla vecchiaia nascondendo i segni del tempo che scorre o coloro che ostentano il loro “mantenersi giovani” in maniera non appropriata rendendosi quasi patetici o ridicoli.

La vecchiaia ci regala un tempo esistenziale in cui lontani dalle costrizioni, dagli obblighi e dalle convenzioni sociali ci si sente più liberi di dedicarsi a ciò che è essenziale e vitale. Fa molto coltivare passioni e affetti significativi. Nella sua lettera, Andreoli ci fa riflettere tanto sull’importanza dei sentimenti e degli affetti nel corso di questa fase. Egli invita il vecchio a distaccarsi da quel pretendere a tuti i costi il rispetto da parte dei più giovani solo perché si è nati prima perché il vero rispetto si conquista con la coerenza in ciò che si fa e tramite gesti e azioni concrete. Il vecchio inoltre ha bisogno di liberarsi da quella “sospettosità” che lo spinge a non fidarsi degli altri perché convinto di essere preso in giro o addirittura “fregato”. Questo atteggiamento non fa altro che contribuire ad elevare mura massicce e incontrastate tra il proprio mondo e quello dell’Altro. Durante la vecchiaia la vicinanza degli affetti non deve essere animata dal senso di colpa ma dalla scelta di amare e dimostrare affetto sincero perché donare l’amore attira a sé persone vere e care.

La solitudine tipica della vecchiaia deve diventare l’occasione per riflettere su sé stessi, sul proprio passato per acquisire consapevolezze nuove su di sé e sul mondo che ci circonda che è in continuo mutamento perché la vita stessa è un divenire dal quale non ci si deve sentire esclusi. La solitudine può diventare arricchimento solo se non diventa una prigione nella quale confinarci per comodità e facilità.

“Lettera a un vecchio” è una lettura dedicata non solo ai vecchi ma anche ai giovani. Questo libro restituisce alla vecchiaia un valore inedito. I vecchi con le loro fragilità non devono rappresentare un peso per la società ma piuttosto un valore aggiunto grazie ai loro insegnamenti e alle loro esperienze. Sono dei veri e propri tessitori di conoscenze e legami autentici.

Con questo libro Andreoli si riconferma un grande conoscitore della mente ma anche un promotore di un umanesimo di cui se ne sente la mancanza e che andrebbe valorizzato non solo durante la vecchiaia ma in tutte le fasi della nostra esistenza.

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