"Il vero imbarazzo è che a rendere giustizia debbano essere i giudici". Può sembrare scritta oggi, ma questa frase è di Anatole France che nell’ottobre del 1893 pubblicò una raccolta di articoli apparsi su L’Écho de Paris . Il libro uscì la prima volta in Italia nel 1921 per l’editore milanese Rinaldo Caddeo con il titolo I detti dell’abate Jérôme Coignard , volume ormai quasi introvabile. Perché France è uno di quegli incredibili casi letterari rimossi dall’editoria: malgrado l’importanza delle sue opere e il Premio Nobel ( 1921), in Francia, a eccezione dei quattro volumi della Pléiade, i suoi testi sono pressoché dimenticati.Per non parlare dell’Italia. Adorato da Proust, detestato da Gide ( «uno scrittore senza inquietudine»), ci ha regalato alcune tra le pagine più vive e moderne della letteratura francese. Come dimostrano anche Le opinioni dell’abate Jérôme Coignard , finalmente riproposte dopo quasi un secolo dalle Edizioni Spartaco ( a cura di Filippo Benfante, con una prefazione che anche da sola varrebbe il prezzo di copertina, 13 euro). Qui non troviamo lo scrittore melenso e compiacente (accuse mossegli dai Surrealisti), ma un France inedito: ironico e contro le ideologie spacciate per realtà. La sua penna, attraverso le conversazioni tra l’abate e il suo discepolo Jacques Girarrosto, si scaglia soprattutto contro la Giustizia umana. Nell’ultimo capitolo, che pubblichiamo in anteprima in questa pagina, analizza la strana macchina burocratica che spinge spesso i giudici lontani dalla ragione. Un tema di assoluta modernità.
Un’analisi lucidissima
che testimonia come France sia scrittore da rivalutare e ripubblicare. Iniziando magari proprio da questo «breviario scettico per resistere ad ogni forma di potere» che troverete nelle librerie dal 9 dicembre.Tengono alla larga la difesa come fosse un'importuna/ A. France
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