La lezione del Papa ai forcaioli: non siamo perfetti

di Gli indignati non tifano per l’Italia. Questo è un messaggio che ieri mattina è comparso su Twitter ed è banalmente vero. C’è un gruppo di opinionisti, intellettuali, giornalisti, personaggi più o meno famosi che spera nel Balotelli peggiore e nel naufragio economico dell’Europa. Non è che sono euroscettici. Non si occupano neppure più di tanto di calcio. Al massimo provano una simpatia antropologica per la Merkel. Sono però convinti che l’Italia non debba assolutamente vincere gli Europei e che questa benedetta crisi ha il suo lato positivo. Le disgrazie e le difficoltà, secondo questi signori, creano un clima favorevole alla voglia di «pulizia morale» del Paese. Se la gente ricomincia a stare bene si dimentica la forca. Gli indignati, insomma, sognano un’Italia in ginocchio. Non tifa Travaglio. Non tifano gli Asor Rosa e i «micromeghi». Non tifano i grillini più arrabbiati. Non tifano Tony Negri e la sua schiatta. Chissà se nel profondo del cuore alla fine qualcosa tifa Saviano. Non tifano gli eterni sostenitori del tanto peggio tanto meglio. Il senso è che per raggiungere il paradiso sia necessario passare per l’inferno o per l’apocalisse. A quel punto questa casta di sacerdoti laici potrà finalmente giudicare i vivi e i morti, i giusti dai peccatori, i salvati dai sommersi. Ma inferno e paradiso non sono di questo mondo. Ieri era San Pietro e Paolo. Benedetto XVI (nella foto) durante l’omelia pronuncia questa frase: «La Chiesa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori». Ratzinger riconosce che la storia del papato è piena di debolezze umane. È una risposta a tutto quello che sta accadendo nelle stanze del potere di Santa Romana Chiesa. È un modo per chiedere scusa. Ma è anche una semplice verità. L’uomo è umano. Tutti quelli che pretendono la perfezione, quelli che vogliono il paradiso in terra, finiscono per realizzare il più disumano degli inferni. E la prima mossa di tutti gli uomini che pretendono la perfezione è di cancellare la libertà. La perfezione si impone, non si sceglie. È per questo che quella degli indignati è la cultura più liberticida. Gli indignati diranno che chi sbaglia deve pagare, che la legge è sacra. Se si fermassero a questo sarebbero brave e oneste persone. Il problema è che la loro risposta è vera solo in parte. Se si limitassero a questo non sarebbero «indignati», ma brave e oneste persone. Invece si sono costruiti una carriera sullo scandalo. Esistono in quanto alzano il dito e condannano. All’inizio erano molto più indulgenti, poi si sono ritrovati a scrivere un libro sui politici, sul Vaticano, su questa o quella casta, sul calcio, e sono entrati nel personaggio. Sono diventati cacciatori di scandali, maestri di morale, ricreando una vecchia casta evangelica: quella dei farisei. I farisei si nutrono di crisi, sconfitte e dolore. Perché l’uomo deve soffrire. I farisei sono quelli che non conoscono la parola pietas. I farisei pensano di avere sempre ragione. I farisei sono quelli che non perdoneranno mai a Balotelli le debolezze da ragazzotto con troppe ferite. I farisei sono quelli che s’indignano perché quel cafone di Briatore fa i soldi con il Billionaire. I farisei sperano che tutti siano poveri e disgraziati così non avranno tentazioni. I farisei vanno a cena solo tra di loro.

Matteo, il pubblicano, nel suo Vangelo racconta che i farisei dicevano ai discepoli: «Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?», Gesù li udì e disse: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».

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