Le champagne c'est moi, storie di battaglie francesi in difesa di un'icona

L’ultimo ed inaspettato attacco all’immagine dello Champagne non è stato gradito dai francesi che ancora una volta si trovano a dover difendere una delle icone simbolo dell'identità nazionale

Le champagne c'est moi, storie di battaglie francesi in difesa di un'icona

Occhio a sminuire l’immagine dello champagne perché potreste scatenare l'ira di un’intera nazione.

É successo ancora il 5 luglio scorso a causa di una nuova legge russa. Cosa prevede? Che i produttori francesi che esportano champagne nella ex Unione sovietica debbano attenersi a due regole: scrivere nel retro della bottiglia vino frizzante e abolire la traduzione in cirillico della parola champagne utilizzando caratteri latini (poco comprensibili ai russi).

E apriti cielo: si è gridato allo scandalo e alla confusione generata da questa legge, in quanto a detta dei francesi l'aggettivo frizzante mortificava un'icona mondiale.

Oltre al danno la beffa perché i russi han fatto sapere che non riconoscono la denominazione francese (AOC corrispettivo della nostra DOC) che in ben 120 paesi nel mondo è invece protetta. La legislazione a casa loro è questa: prendere o lasciare.

E le reazioni non hanno tardato a giungere: in prima battuta il gruppo del lusso LVHM che raggruppa le più importanti maisons (Möet et Chandon, Ruinart, Mercier, Dom Pérignon Veuve Clicquot, Krug) ha minacciato di sospendere le consegne e il presidente russo dell’Unione dei viticoltori e vignaioli Léonid Popovitch, in risposta, per nulla preoccupato, non le ha mandate a dire giudicando la presa di posizione di Moët come una sorta di ricatto e affermando che:”i vini spumanti prodotti in Russia non sono meno buoni, i nostri consumatori non saranno privati di un vino frizzante di qualità uguale, se non volete più consegnarlo, non consegnatelo". Fine della trasmissione.

Per Daniel Vallot, corrispondente dalla Russia per la RFI (radio france international), la nuova legge ha un chiaro intento protezionistico rafforzato da una evidente volontà di favorire i produttori di vini, in particolare della regione della Crimea( che dal 2014 fa parte della Federazione Russa).

Inoltre, sempre secondo Vallot i milionari russi conoscono bene la qualità dello champagne francese e lo sanno riconoscere indipendentemente dalla capacità di leggere i caratteri latini e che anche qualora un russo non dovesse distinguere un’etichetta, sarà il prezzo a guidarlo e la possibilità di sbagliare sarà molto bassa poiché "lo champagne francese costa ben 10 volte di più di quello russo".

Naturalmente non sono mancati i commenti in rete: “Chiameremo la Vodka succo di patate”, "rinomineremo l’insalata russa legumi con maionese”, o il "caviale come uova di pesce”. Qualcuno ha ironizzato su un'ipotetica seconda mossa da parte della Russia individuata nel cambio di nome della sua squadra nazionale di calcio in “équipe de France” con lo scopo di vincere i mondiali del 2022.

C'è chi ha gioito per un possibile calo delle esportazioni verso la Russia sperando che si traducesse in maggior champagne per i francesi.

Qualcuno ha addirittura scomodato il Karma ricordando le storiche battaglie contro chiunque provasse a toccare il brand dello champagne, perché chi di champagne ferisce di champagne perisce.

Ne sa qualcosa il piccolo villaggio in Svizzera che si chiama appunto Champagne e che fiero dei suoi 28 ettari di vigna, dove si produce vino fermo (che concorrenza alle nobili bollicine non ne fa), sembrava vicino ad ottenere la possibilità di etichettare le sue poche bottiglie con il nome di champagne ma si è visto infrangere il suo sogno dal potentissimo Comitato Interprofessionale del vino di Champagne (CIVC). Morale: solo i francesi possono usare il nome champagne sulle bottiglie. E il gesto esasperato degli svizzeri di togliere il cartello che porta il nome del paese è risultato un atto simbolico forte ma infruttuoso.

E che dire della lunga battaglia giuridica che il Comitato ha condotto contro una nota catena discount di supermercati tedeschi, arrivata fino alla Corte Europea di Giustizia? Quali vette volevano scalare con il loro “sorbetto Champagne”? Il tribunale, con grande soddisfazione per i francesi, ha dichiarato che il sorbetto non aveva il gusto dello Champagne ma piuttosto “di un miscuglio di pera, acido citrico e un goccio di alcool”.

Ma i potenziali “approfittatori” non provengono solo da paesi stranieri, a volte si nascondono nella stessa famiglia. É il caso di Yves Saint Laurent a cui è costata cara l’idea di produrre la sua nuova fragranza denominata “Champagne”. Anche qui i giudici hanno stabilito che lo champagne è lo champagne e Yves Saint Laurent non aveva nessun diritto di usare questo nome per un suo profumo.

17 milioni di dollari spesi per pubblicizzare la preziosa fragranza buttati al vento, una multa, seppur simbolica e l’obbligo di far sparire dal mercato il profumo che secondo alcuni produttori avrebbe potuto “confondere i consumatori e compromettere l’immagine dello champagne, specialmente perché il profumo era confezionato in una bottiglia dalle sembianze di un tappo di champagne”. riporta il quotidiano Les Echos il 29 ottobre del 1993.

Shampaskoye o vino igrostoye? Champagne o vino frizzante?

Quando si dice che la sostanza conti più della forma e quindi di un nome.

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