23 aprile 1946, 75 anni fa. L’Italia è ancora ferita dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale. Non è più una Monarchia nella pienezza dei suoi poteri perché il 5 giugno 1944 Re Vittorio Emanuele III ha nominato il figlio Umberto II luogotenente generale del Regno. Non è ancora una Repubblica perché diventerà tale solo dopo il referendum del 2 giugno 1946. Solo da pochi mesi l’amministrazione dello Stato era rientrata in mani italiane, perché solo il 31 dicembre 1945 gli Alleati anglo-americani avrebbero ceduto i poteri esercitati in questo senso dal settembre 1943. Un Paese distrutto dai bombardamenti, povero, affamato, con pochi collegamenti ferroviari e stradali. Ma un’Italia vitale, geniale, laboriosa, piena d’idee e vogliosa di ripartire. Quel 23 aprile 1946 la Piaggio & C. di Enrico Piaggio da Pontedera deposita a Firenze il brevetto di un nuovo motociclo, la Vespa 98, numero riferito ai centimetri cubici. Il primo esemplare lo aveva visto lo stesso Piaggio. A mostrarglielo era stato il cervello tecnico dell’azienda: Corradino D’Ascanio. Ingegnere, aveva progettato il primo prototipo di elicottero moderno e si era formato in parte negli Stati Uniti. Odiava le motociclette, non gli piacevano nemmeno come oggetto ingegneristico. Fu proprio questa ripulsa che gli fece ideare un motociclo anzitutto comodo. Seduti come a casa, con il serbatoio per il carburante spostato sul retro, senza costringere il guidatore a tenerlo fra le gambe. Quando Enrico Piaggio lo vide esclamò “Sembra una vespa!”.
Nasceva così uno dei miti dello stile italiano nel mondo. Da allora è stata un’esplosione fino a quasi 19 milioni di esemplari prodotti sino a oggi (di diversi modelli naturalmente). Lo scooter volante entrò trionfale nell’immaginario degli italiani soprattutto dopo che la Vespa diventò nel 1953 protagonista del film “Vacanze romane” con Audrey Hepburn e Gregory Peck: una vera diva di Hollywood. “Peccato solo che le restrizioni causate dal coronavirus non ci consentano di festeggiare il compleanno della nostra amata come avremmo voluto” dice Roberto Leardi, presidente dei Vespa Club d’Italia. Una rete italiana di 70mila appassionati distribuiti in 583 club disseminati lungo la Penisola. Quante Vespa possiede, Leardi? “Circa una ventina, ma ci sono collezionisti che mi superano e di parecchio. Attualmente ho la Vespa 300, Euro 3. Ma ho un 150-GS degli anni Sessanta, 4 marce e 100 chilometri orari. E sono particolarmente affezionato a una PX del 1977, prodotta in 3 milioni di esemplari”. Da dove nasce quest’amore per la Vespa? “Le rispondo con la prima pubblicità dell’amata, quella del 1946. C’è una donna in tailleur che guida la Vespa con una mano mentre saluta con l’altra mano. In quell’immagine ci sono molte chiavi di lettura del successo della Vespa. La facilità di guida col cambio direttamente sul manubrio, la comodità di non essere costretti a cavalcare il serbatoio, la possibilità di guidare per una donna vestita elegantemente, non da Amazzone, un motociclo pensato per un pubblico vasto e non solo per piloti esperti. Eravamo nel 1946, direi davvero in anticipo sui tempi!”. Il vespista da cosa si riconosce? “Intanto dalla carenatura! Ce l’ha solo la Vespa! E poi la Vespa consente un modo di viaggiare semplice, immediato, a contatto con i luoghi che attraversa. Pensi che nel 1953 nacque il primo Vespa Club d’Europa, diventato EuroVespa nel 1955.
Negli anni i vespisti di tutto il Vecchio Continente si sarebbero ritrovati nei raduni salutandosi e stringendo amicizie, magari anche senza capirsi come lingua. La Vespa ha unito l’Europa prima della politica”. Ha fatto molti viaggi in Vespa? “Assolutamente sì. Ricordo, tra l’altro Salonicco, Lisbona, Belgio, Londra, Belfast. La mia fedele PX non mi ha mai tradito”. La Vespa è stata ed è uno dei miti dello stile italiano nel mondo. Viene citata in molte canzoni, da Vasco Rossi a Cesare Cremonini (“Vespa 50 Special” del 1999 è diventato un inno vespista). Compare in numerosi film, oltre “Vacanze romane”, “La dolce vita” di Federico Fellini (1960), “American Graffiti” (1973) di George Lucas, “Caro diario” di Nanni Moretti (quest’ultimo del 1993 un vero inno al vespista). Lo scrittore cremasco Giorgio Bettinelli (1955-2008) in Vespa ci ha girato il mondo, arrivando ad esempio in Terra del Fuoco dall’Alaska o da Roma a Saigon, nel Vietnam: i suoi diari di viaggio costituiscono un magnifico ritratto del vespismo come filosofia di vita. E poi le campagne pubblicitarie della Vespa hanno segnato un’epoca.
Da quella del 1946 sull’emancipazione femminile (per la prima volta in Italia le donne esercitavano il diritto di voto) citata da Leardi, al motto dell’industrializzazione e dei consumi di massa “Vespizzatevi!” fino alla contestazione sessantottina con la mela, frutto del peccato e della Vespa, per arrivare al boom dello stile italiano nel mondo durante gli anni Ottanta con il mare, la giungla e gli spazi aperti naturali.
Ma quale biglietto di auguri per questo intramontabile mito italiano? Non può che scriverlo il presidente dei vespisti italiani Leardi: “Queste due ruote, quella scocca inconfondibile, quel senso di libertà ci accompagneranno per molti anni ancora. E sarà sempre una nostra bandiera: l’Italia s’è Vespa, del resto!”. Buon compleanno, ragazza di 75 anni. Lanciata a tutta velocità verso la pietra miliare del secolo di vita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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