![Alessandro Spada, presidente Assolombarda](https://img.ilgcdn.com/sites/default/files/styles/xl/public/foto/2022/06/27/1656335454-assolombarda-alessandro-spada.jpg?_=1656335514)
«In questo momento dobbiamo mettere al centro della nostra agenda politica il tema dell'innovazione» Alessandro Spada, presidente di Assolombarda, ha le idee chiare su come imprimere al Paese una svolta produttivista.
Presidente Spada, quali sono le vostre proposte?
«Innanzitutto, diminuire la burocrazia che blocca gran parte dei nostri progetti e pesa per il 3% del Pil, circa 60 miliardi. Se si considera che la Nato ci chiede di aumentare le nostre spese per la difesa di circa 15 miliardi dall'1,5 al 2% del Pil, si tratta di un quarto del peso della burocrazia, che però porterebbe nuovi investimenti, nuovo sviluppo e soprattutto maggiore sicurezza per il nostro Paese e per l'Europa. Facilitare gli investimenti nel manifatturiero significherebbe far sì che gli imprenditori, scoraggiati, non scelgano destinazioni alternative».
Ci sono altre priorità?
«L'altro tema è favorire gli investimenti. Negli ultimi anni, grazie a Industria 4.0, siamo stati in grado di aumentare la quota di investimenti in macchine e tecnologie rispetto al Pil, passata dal 6,1% nel 2014 ad un 7,6% nel 2023. È stato un risultato molto importante, purtroppo, l'ultima legge di Bilancio ha ridotto il credito d'imposta da oltre 6 miliardi a 2,2 miliardi per il 2025. Inoltre, sono stati esclusi gli investimenti in beni immateriali come il software. Per noi è un problema anche se comprendo che il provvedimento pesa sul bilancio statale, mentre Transizione 5.0 è legata ai fondi europei, ma fa fatica a decollare. Dall'assemblea di Assolombarda del 21 ottobre siamo passati da 70 milioni utilizzati a quell'epoca a 330 milioni, ma l'incidenza resta sempre molto bassa, quindi Transizione 5.0 non riuscirà ad essere utilizzata entro dicembre 2025. Industria 4.0, invece, ci può permettere di diventare un modello industriale innovation-driven».
Lei ha denunciato l'eccesso di ideologia del Green Deal europeo. Nel frattempo, siamo meno competitivi di Usa e Cina.
«L'Ue, soprattutto dopo l'arrivo di Trump, deve darsi una sveglia e mettere al centro della politica il rafforzamento dell'industria. Invece, ancora oggi le regole vengono prima di tutto e si investe poco. C'è una forte componente ideologica che negli ultimi cinque anni ha portato a provvedimenti per i quali le nostre imprese pagano il conto più salato. Dobbiamo fare come gli Usa: non aver paura di fare debito produttivo. Loro hanno investito 7mila miliardi tra 2020 e 2023 per rafforzare l'impresa. Questo dovrebbe fare l'Europa perché servono investimenti comuni, che i singoli Paesi non sono in grado di effettuare, per far sì che possano nascere delle realtà competitive anche nel settore dell'IA».
E il Green Deal?
«Il deal non l'ho visto da nessuna parte. È un cortocircuito che non ha creato occupazione, perché ci si è dimenticati che l'Europa non solo non disponeva delle materie prime alla base di questi provvedimenti, ma non aveva nemmeno le tecnologie. Abbiamo avviato un processo che sta portando ad una lenta deindustrializzazione».
Si può uscire da questa impasse?
«L'Europa può competere solo rafforzando la propria posizione in settori ad alta tecnologia, perché, su questo versante, Stati Uniti e Cina stanno compiendo passi da gigante investendo tantissimo in ricerca e sviluppo. In Europa dal 2003 al 2022 Volkswagen, Mercedes e Bosch sono rimaste sempre nelle prime posizioni per questo tipo di investimenti. Negli Usa, nello stesso periodo, si è passati dal trio Ford, Pfizer e General Motors a Alphabet, Meta e Microsoft. Se non vogliamo rimanere ultimi su IA, cloud e tecnologie quantistiche, dobbiamo assolutamente utilizzare investimenti comuni per far nascere campioni europei in grado di competere con Cina e Stati Uniti. Quegli 800 miliardi l'anno di cui parlava Mario Draghi sarebbero quel debito comune produttivo che mira alla nostra crescita».
L'energia è un'altra emergenza.
«L'Europa ha una bolletta più cara di Usa e Cina. In Italia la situazione è peggiore: nel 2024 abbiamo speso il 38% in più della Germania, il 73% in più della Spagna e l'88% in più della Francia. Questo ci dice che dobbiamo lavorare per un mix energetico costituito da rinnovabili, gas e nucleare. Bisogna vincere la sindrome Nimby non solo sui rigassificatori ma anche sul nucleare».
Qual è la situazione delle imprese a Milano, vero motore industriale del Paese.
«Nel 2024 c'è stata una crescita anche se inferiore alle previsioni. Incidono diversi fattori, non ultimo quello del costo della vita molto alto che rischia di espellere le famiglie e i giovani. Milano deve allargarsi e diventare una vera città metropolitana, comprendendo i tre milioni di abitanti del Comune dell'hinterland.
Un altro tema importante è il cosiddetto Salva Milano perché questa incertezza legislativa sta bloccando non solo l'edilizia ma anche il tessuto produttivo. Mi auguro che si possa ristabilire certezza per tutti coloro che hanno acquistato case in cui non possono entrare e per chi ha pianificato investimenti».
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