Altro che Parigi. Sono Napoli e Milano a valer bene una messa. Lacrime e sangue, guerra e pace, tutto si fa pur di rimanere in sella ai nostri teatri d'opera. Ieri il Tribunale di Napoli ha ordinato la reintegrazione del parigino Stéphane Lissner nell'incarico di sovrintendente e direttore artistico del teatro partenopeo dal quale era stato allontanato grazie a una legge di maggio che impone (o imporrebbe?) il pensionamento di un sovrintendente allo scadere dei 70 anni. Il Giudice del lavoro di Napoli ha accolto in via cautelare il ricorso di Lissner che risulterebbe quindi reintegrato nelle sue funzioni da agosto affidate a Carlo Fuortes, ex vertice della Rai. S'è brindato, probabilmente e sciovinisticamente con Champagne, in casa Lissner per «l'atto di giustizia, dopo mesi trascorsi in un limbo che non meritavo», ha dichiarato il manager sicuro che il suo «licenziamento sia stato un atto illegittimo e ad personam. Ora sono a disposizione per svolgere il mio incarico», la chiosa. Torniamo a Parigi, nella Francia del sovrintendente della Scala Dominique Meyer, nato e cresciuto in quella bella terra di confine che è l'Alsazia. Si sente a casa, nella Ville Lumière dai cieli bigi come li dipinge Puccini in Bohème. E fra stucchi, specchi e boiseriés del teatrino siciliano dell'Ambasciata italiana, qui per presentare la prossima stagione del teatro milanese, dichiara che «questa legge va analizzata. I testi si leggono nel dettaglio. La Scala ha uno Statuto particolare, non siamo un'amministrazione pubblica. Si deve studiare se il testo si applica o no alla Scala». Si è dichiarato sereno perché i «conti sono in ordine, Robert Carsen ha appena iniziato le prove, settembre e ottobre sono sold out». Scatta un sorriso smagliante all'idea che quello della Scala è il marchio italiano più potente al mondo dopo Ferrari. Ma appunto per questo, non ha mai metabolizzato la legge di cui sopra e a causa della quale chiuderebbe la carriera l'8 agosto 2025, spente le 70 candeline. Il suo sguardo e programmazione si spingono ben oltre. Per esempio, ci anticipa che Riccardo Muti tornerà non solo il prossimo gennaio ma anche nel 2025, alla testa dei Wiener.
E sia chiaro. Non è disposto a rinunciare al doppio incarico di sovrintendete e direttore artistico benché tutta una corrente di pensiero, dal presidente del cda in giù, vorrebbe lo spacchettamento. «Separare i due ruoli? Lo dicono quelli che vorrebbero fare i direttori artistici ma non possono perché l'incarico è assunto dai sovrintendenti. È più facile far dialogare le due parti del cervello che un direttore artistico con un sovrintendete. Ciò non impedisce che si possano avere consiglieri.
Io so come riempire un teatro. E so che il gusto personale non può diventare legge». Dominique Meyer vincerà partita? E Fuortes, la cui prima scelta era la Scala, e per il quale venne approntata la legge: ora dove orienterà le proprie mire?
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