Enea, san Michele e "Arturo": fascino e mito a Procida

Procida, capitale della cultura italiana 2022, è fondata su un sostrato di miti e leggende che giungono fino a oggi, rinverditi dagli scrittori del '900

Enea, san Michele e "Arturo": fascino e mito a Procida

Procida è capitale della cultura italiana per il 2022. Questo progetto trova la sua sintesi nel concetto di isola: l’isola non è solo un luogo di solitudine, ma di partenze e approdi, di incontri e arrivederci. Perché nelle isole Flegree, come pure Capri e Ischia, è molto difficile partire senza la prospettiva di tornare, tanto c’è da vedere e da conoscere.

Tra le cose da conoscere di Procida c’è molto oltre quello che è visibile agli occhi, tutto un sistema di miti e leggende che sono giunte fino a noi e che raccontano di latinità, di pirati e di magia. La stessa magia che probabilmente ha ispirato Elsa Morante a scrivere L’isola di Arturo, romanzo ambientato appunto a Procida. La stessa magia per cui, secondo la tradizione della latinità, Mimante, nella battaglia di Giove contro i Giganti, fu seppellito - o meglio scagliato - sotto quest’isola.

Il nome di Procida

Procida al tramonto

Il nome dell’isola non ha un’etimologia certa al cento per cento, anche se si ritiene che venga dal nome che in effetti il luogo aveva durante la latinità, ossia Prochyta.

Tra le varie ipotesi etimologiche ci sono Prima Cyme che significa “prossima a Cuma”, oppure pròkeitai che allude al fatto che Procida appaia quasi giacere sul mare, o ancora prochyo che specifica come l’isola si sarebbe sollevata dalle profondità marine. Tuttavia, secondo Dionigi di Alicarnasso, Procida non sarebbe che il nome della nutrice di Enea, sepolta dall’eroe in questo luogo al suo approdo: l’autore romano l’avrebbe desunto dall’Eneide, in cui Virgilio racconta, senza troppe specificazioni, la vicenda della sepoltura.

C’è una certezza: il nome di Procida viene citato da molti autori della letteratura italiana, segno indelebile di ciò che l’isola con le sue specificità ha lasciato in chi l’ha visitata. “Disposte in cerchio intorno al porto - scrive per esempio Alberto Moravia - queste case rosa, gialle, azzurre e bianche sono tutte un po' sbilenche, un po' consunte, un po' diroccate; si pensa che il vento e il mare le abbiano corrose allo stesso modo della costa vulcanica che, a guisa di mensola, si sporge sopra di esse. Ma la mancanza di angoli acuti, quel confondersi delle loro tinte delicate e incantevoli ricordano pure i gelati di questi paesi. Anzi un solo gran gelato di sapori diversi in lenta liquefazione, coi buchi delle terrazze fatti col cucchiaio”.

La leggenda dei pirati e san Michele

Procida

Come per molte zone del Mediterraneo, anche l’isola di Procida fu meta delle scorrerie dei pirati. In un caso però i pirati furono messi in fuga da un’intervento mistico. Nel 1534 il pericolo per l’isola era il pirata Khayr al-Dīn Barbarossa, che assediò Procida mettendola a ferro e fuoco.

Tuttavia gli autoctoni elevarono le loro preghiere al Cielo e così discese il patrono dell’isola, l’arcangelo Michele, che terrorizzò i pirati con la sua spada di fuoco. I pirati furono quindi costretti alla fuga, nel bel mezzo di una tempesta di fulmini. In onore di san Michele Arcangelo, gli abitanti di Procida costruirono un’abbazia sulla Torre Murata.

Una vicenda agiografica abbastanza tipica, ma che è esemplificativa non solo di un fervore religioso nei confronti del santo patrono, ma anche del mondo in cui qui a Procida, come altrove, gli abitanti continuano a raccontare una storia che non sempre è fatta di successi, ma spesso di difficoltà.

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