L'acqua del re e del popolo: così l'Acquedotto Carolino irrorò la Campania

Ponti, magia e acqua: l'Acquedotto Carolino è una struttura interessante, molto funzionale e restistente ma anche ricca di suggestioni

L'acqua del re e del popolo: così l'Acquedotto Carolino irrorò la Campania

L’Acquedotto Carolino è una di quelle costruzioni che riempie di meraviglia. Sito nella valle di Maddaloni fu pensato e costruito come un normale acquedotto: tuttavia le suggestioni della sua struttura sono tali da renderlo patrimonio dell’Unesco insieme agli altri ponti della valle, al Belvedere di San Leucio e alla Reggia di Caserta, che erano appunto “irrorati” da quest’acquedotto.

Che cos’è l’Acquedotto Carolino e a cosa serve

Una delle fontane della Reggia di Caserta

Come molte delle storie che affondano le proprie radici nel passato, tutto inizia da un nobiluomo, in questo caso specifico dal re di Napoli Carlo I di Borbone, cui si deve appunto il nome “carolino”. Il sovrano aveva bisogno di portare l’acqua dalle falde del monte Taburno in provincia di Benevento per le sue strutture monumentali poste nel Casertano. Quindi gli occorreva qualcosa di estremamente funzionale.

Tuttavia per questo acquedotto estremamente funzionale fu chiamato un progettista d’eccezione, ossia quello stesso Luigi Vanvitelli che aveva lavorato alla Reggia, portando lo sfarzo un po’ dello Stato Assoluto in Italia.

Reggia di Caserta e Acquedotto Carolino sono in effetti legati: una delle ragioni per cui occorreva l’acqua a Carlo I era per alimentare le strutture poste nell’immenso giardino della Reggia. In altre parole senza l’acquedotto, i giochi d’acqua della Reggia e i mulini disseminati lungo il territorio non avrebbero avuto la “linfa” necessaria per funzionare. E così i lavori di queste due costruzioni procedettero in un certo senso di pari passo, parallelamente tra gli anni ’50 e gli anni ’70 del Settecento.

In ogni caso non si deve considerare l’acquedotto un’opera elitista, un ultimo afflato dell’Ancien Régime che in Italia avrebbe resistito un po’ più che in Francia. L’Acquedotto Carolino infatti, oltre ad alimentare le strutture monumentali del re, avrebbe alimentato anche le fontane dei borghi e quindi anche il popolo ne avrebbe beneficiato. Non è un caso: era stato pensato proprio in questo modo, come una di quelle piccole graziose regalie che nel tempo hanno pasciuto il mito borbonico.

Caratteristiche dell’Acquedotto Carolino

Ponte dell'Acquedotto Carolino

L’Acquedotto Carolino - o meglio il suo più noto ponte - è alto ben 60 metri e si estende per una lunghezza di 500 metri. La struttura del ponte principale è caratterizzata da tre ordini imponenti archi a tutto sesto in tufo, all’interno del quale si trovano le condotte in ferro fatte realizzare con la limonite in Calabria, nelle Regie ferriere di Stilo.

Alla base del ponte, che tra l’altro stando agli eventi sismici della zona appare essere ben solido, è stato posto un monumento che contiene i resti dei soldati caduti nella battaglia del Voltuno, nel 1860.

Il tracciato dell’acquedotto che non vediamo - poiché interrato - si snoda per circa 38 chilometri. L’intero condotto è punteggiato da 67 torrini, ossia piccole costruzioni che servivano per gli accessi alla manutenzione e come sfiatatoi.

Tra gli altri ponti dell’acquedotto ci sono quello della valle di Durazzano e il cosiddetto Ponte Nuovo.

In quest’ultimo è presente un’iscrizione che riporta la data della prima pietra, ossia il 1753, e la dedica al re Carlo I e alla moglie Amalia.

La foto in evidenza del ponte dell'Acquedotto Carolino è di ElfQrin via Wikipedia

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