La mozzarella di bufala campana e quella firma che è sigla di tradizione

La mozzarella di bufala campana presenta una "firma" molto speciale: è garanzia di una tradizione, della passione del casaro e il rimando a un'antica leggenda

La mozzarella di bufala campana e quella firma che è sigla di tradizione

La mozzarella di bufala campana è una tipicità che riguarda tutto il territorio della Regione e, di frequente, anche delle aree limitrofe. Gli allevamenti di bufale sono infatti molto diffusi anche nel basso Lazio e nell’alta Puglia, oltre che in parte del Molise e della Basilicata.

Nonostante oggi le mozzarelle di bufala vengano prodotte e confezionate secondo standard a rigor di legge e con l’ausilio di tecnologie moderne, il rimando alla tradizione è molto forte.

Che cos’è la firma della mozzarella di bufala

Le bufale vengono allevate in Campania fin dal Medioevo. Ma i primi testi scritti ad attestare la produzione di mozzarella risalgono all’inizio del XIV secolo. Lo stesso nome viene da mozza, un tipo di formaggio che i frati offrivano ai visitatori: l’impasto di questo latticino si “mozza” infatti tra pollice e indice.

Una delle tradizioni più note è la “firma”. Prendendo in mano una mozzarella di forma rotondeggiante non si può non notare una sorta di cicatrice, una cucitura che cambia da caseificio a caseificio. Si tratta della firma del casaro, cioè della persona che ha realizzato il prodotto: per questo cambia lievemente da persona a persona. L’immagine che ne emerge è suggestiva: il casaro che immerge le mani nel siero caldo, estraendo l’impasto e lavorandolo, per poi chiuderlo con questa sigla, quasi a lasciare un messaggio affettuoso alla persona che consumerà la mozzarella.

Mozzarella di bufala, geografia della bontà

Mozzarella

La mozzarella di bufala può giungere sulla tavola in diverse forme, dai bocconcini alle “ciliegine”, fino alle trecce e i nodini. Di solito, una volta a casa, la si mette in un piatto insieme al liquido e si conserva a temperatura ambiente, anche per un giorno o due. Questo tipo di mozzarella ha una caratteristica: la goccia di latte che fuoriesce quando si stringe tra le dita.

Ma ciò che crea una differenza profonda tra una mozzarella e l'altra è l’origine della produzione. La ragione è semplice: in luoghi diversi, le bufale si nutrono di erbe o mangimi altrettanto diversi, pascolando su terreni che hanno una composizione unica. E quindi il latte da cui si ricava la mozzarella cambia in base non solo all’allevamento di provenienza ma anche in base alla conformazione del territorio in cui l’allevamento sorge. È per questo che una mozzarella dell’agro aversano può risultare ad alcuni palati più dolce e leggera rispetto a un’altra prodotta a Paestum, più sostanziosa e saporita. Per non parlare della scenografica Zizzona di Battipaglia, ma questa è - letteralmente - un’altra storia.

La leggenda della Zizzona

La città di Battipaglia è famosa per la sua Zizzona, una mozzarella che può arrivare a pesare 5 chilogrammi e che, nell'immaginario popolare, è collegata al seno femminile.

Secondo il mito, una ninfa di nome Bapti-Palia preparava le mozzarelle per gli dei, badando di mantenere il segreto su questa particolare produzione. Tuttavia, un bel giorno Bapti-Palia si innamorò di un pastore addormentato in riva al fiume, di nome Tusciano, donandosi a lui fisicamente e spiritualmente.

Presa dall'amore, la ninfa rivelò al giovane il segreto della mozzarella: il pastore non lo tenne per sé, raccontandolo ai suoi concittadini. La punizione fu atroce: i due furono condannati in eterno a vagare per le paludi senza mai incontrarsi. In compenso, Bapti-Palia donò al genere umano la mozzarella di bufala campana.

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