Santa Maria di Leuca, la leggendaria riva da cui si scorge l’Africa

Santa Maria di Leuca segna il confine dello Stivale: dalle sue rive si scorgono Africa e isole greche tra mito e bellezze naturali

Santa Maria di Leuca, la leggendaria riva da cui si scorge l’Africa

Santa Maria di Leuca è un luogo magico. Quel luogo dove i bambini salentini vengono portati sul lungomare dei genitori che indicano l’orizzonte a mostrare le rive dell’Africa. Quelle rive che si possono scorgere solo in alcuni giorni in cui l’assenza di foschia lo permette.

Leuca è una piccola ma suggestiva frazione di Castrignano del Capo, in provincia di Lecce, la cui marina si estende da Punta Meliso a Punta Ristola, due toponimi che sono stati ispirazione per la finzione letteraria di quella che tutti credono essere un’antica leggenda.

De finibus terrae

Il faro di Santa Maria di Leuca

Leuca è “De finibus terrae”, il confine della terraferma, ovvero della penisola italica. L’espressione fu coniata in epoca romana. Nell’immaginario collettivo, come per esempio in una vecchia sigla del varietà Rai degli anni Ottanta “Fantastico”, rappresenta il punto più a sud dello Stivale - ma in realtà non lo è perché l’estremità meridionale si trova in Sicilia.

Nei giorni in cui l’orizzonte del mare è chiaro, perché le condizioni meteorologiche lo permettono, si possono scorgere le rive del continente africano e delle ben più vicine isole greche e Albania. Da queste terre, in epoche antiche, provenivano i marinai nei loro viaggi commerciali, agevolati all’approdo da un faro maestoso.

Il faro di Santa Maria di Leuca è infatti il secondo più alto d’Europa con i suoi 120 metri sul livello del mare. Sorge su un faro preesistente, realizzato nel XIII secolo dalla “meraviglia del mondo”, ossia Federico II di Svevia: invece nel XIX in epoca immediatamente postunitaria, l’ingegnere Achille Rossi progettò invece il faro attuale, che svetta con prepotenza sul borgo e sulla sua marina.

I confini della terraferma sono però “protetti” dalla Madonna per i cattolici credenti. A lei è dedicato il santuario di Santa Maria de Finibus Terrae, che sorge dove in epoca romana c’era un santuario dedicato a Minerva. Nonostante eventi naturali infausti e incursioni saracene e turche, la basilica lambita dalla tempesta e in alcuni casi devastata dai guerrieri mediterranei, fu sempre ricostruita. Ma a Leuca, oltre alle storie sacre, sono presenti anche storie profane d’amore, passione e vendetta.

Il mito della sirena Leucasia

Punta Ristula, da cui prende il nome il personaggio di Aristula
Punta Ristula, da cui prende il nome il personaggio di Aristula

Sebbene molti credano si tratti di una reale leggenda messapica, la storia della sirena Leucasia è in realtà l’invenzione letteraria di un autore locale, il poeta Carlo Stasi, che all’inizio degli anni ’90 del Novecento compose questa vicenda ricca di simbolismi e di topos mitologici.

Nel racconto, Leucasia è una bellissima sirena dalla pelle candida, che un giorno incontra e cerca di ammaliare il pastore Melisso. Questi però la respinge, essendo innamorato di una giovane del luogo, Aristula. Leucasia, vistasi contrastata nella sua passione, medita vendetta: dopo un po’ di tempo, scorgendo in riva al mare Melisso e Aristula avvinghiati in un amplesso, li travolge provocando poderose onde marine con la sua coda, che si sdoppia, facendola diventare una sirena bicaudata.

Melisso e Aristula precipitano in mare e muoiono: i loro corpi insepolti si pietrificano diventando due scogli. Leucasia è dapprima soddisfatta della sua vendetta, ma la rabbia che provava si tramuta con il tempo in rimpianto e poi in rimorso. Fino al punto di perdere la stentorea voce e suicidarsi gettandosi anche lei dal promontorio.

Certo, la mitologia è piena di storie che uniscono esseri umani a creature fantastiche come ninfe e sirene, quasi a narrare di amori impossibili, ma il racconto di Leucasia nasce da un ricco apparato iconografico, che comprende ad esempio le terrorizzanti sirene bicaudate tipiche dell’arte romanica e barocca. Una sirena bicaudata è presente, in provincia di Lecce, anche nel mosaico della cattedrale di Otranto.

Le grotte

Le grotte di Santa Maria di Leuca

Tra spiagge dal mare cristallino, albe e tramonti estremamente romantici, esiste a Leuca un vero e proprio paradiso naturale formato soprattutto da grotte tutelate dal Ministero dell’ambiente: sono visitabili ma solo attraverso gite organizzate.

Molte di queste grotte conservano una storia o una leggenda interessante. Per esempio nella Grotta Porcinara esistono i resti di un luogo di culto pagano legato alle civiltà greche e messapiche. Nella Grotta del Bambino invece è stato ritrovato il molare di un fanciullo preistorico.

Tra le più note c’è la Grotta dei Giganti, che contiene ossa e denti di antichi mammiferi di grande stazza e senza peli: secondo la leggenda però questi resti sarebbero dei giganti uccisi da Ercole libico, ma appunto si tratta solo di pachidermi vissuti in passato su queste sponde.

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