Qual è il libro migliore uscito in questo primo quarto del XXI secolo? Risponde il New York Times, che ha affidato a 503 romanzieri, poeti e critici letterari, tra cui spiccano i nomi di Stephen King, James Patterson, Jonathan Lethem, il compito di indicare le dieci opere preferite. Poi ha affidato a Upshot, la rubrica del giornale che fotografa la realtà attraverso i numeri, il compito di stilare sulla base dei risultati pervenuti la hit parade. E Upshot ha messo in fila titoli e autori. E il vincitore è risultato L'amica geniale di Elena Ferrante, uscito nel 2011, primo tassello di una tetralogia che ha avuto un immenso successo.
Di grandi e enfatici consensi americani era arrivata spesso voce in Italia. Ma forse nessuno immaginava questo risultato: Elena Ferrante al top del mondo della letteratura internazionale. Con un libro che viene premiato in quanto esempio eccellente della cosiddetta autofiction, dominante in questa prima parte del secolo, e per le sue intrinseche qualità di invenzione: leggere L'amica geniale «è come andare in bicicletta sulla ghiaia», il romanzo è «ruvido, scivoloso, esasperante» e ha battuto libri come Al calore di soli lontani del premio Pulitzer Isabel Wilkinson sulle grandi migrazione dei Neri Americani dal Sud tra il 1915 e il 1970. Terzo si è classificato un romanzo storico, Wolf Hall, di Hilary Mantel, sulla figura di Cromwell. Quarto Il mondo conosciuto di Edward P. Jones, sulla storia di un ex schiavo nella Virginia di prima della Guerra di Secessione. Quinto, e per i lettori italiani finalmente una vecchia conoscenza, Le correzioni di Jonathan Franzen, autore molto lodato anche da noi. Come si vede, l'autofiction sbaraglia il romanzo di impegno sociale e il romanzo storico. E neppure si affaccia il thriller, che noi pensiamo il genere più seguito dai lettori di tutto il mondo.
Come interpretare questa vittoria? Dovremmo esserne contenti, se in letteratura cominciano a valere i criteri che valgono per il tennis e le canzoni. Abbiamo sullo scalino più alto del podio del romanzo Elena Ferrante. Come abbiamo Jannik Sinner al primo posto tra i tennisti del mondo, e come assistiamo alla scalata di Annalisa verso l'Olimpo dello star system. Non scherziamo. L'eccellenza in letteratura ha altri parametri con cui essere decretata. Certamente L'amica geniale è un romanzo riuscito, con dei personaggi ben disegnati, a cominciare dalle due bambine uscite da un miserabile rione di periferia napoletana, Elena Greco, detta Lenù, voce narrante della storia e Raffaella Cerullo, detta Lina o Lila, ma solo dalla sua amica, sveglia sino alla cattiveria, che diventa presto la più bella del rione. Il lettore conosce le affinità e le differenze delle due ragazze, la loro crescita, i loro turbamenti, i loro destini, sullo sfondo di una società attraversata da violenza e malavita. Un affresco pittoresco, tra amori e drammi. Ingredienti che rendono il libro accattivante, e che ancora una volta esportano un'immagine dell'Italia un po' dialettale, un po' arretrata, forse destinata per questo a piacere all'estero. Il colore, la specificità italiana, avevano già trionfato con il cinema, penso ai capolavori neorealisti di De Sica e di Rossellini. Ma quelli erano i tempi in bianco e nero della povera Italia distrutta da una guerra perduta. Il successo della Ferrante nel campo del romanzo ci riporta a quei tempi: ma senza la necessità, il pathos, la verità che le opere di quei tempi avevano in sé. Sinora i successi internazionali del romanzo italiano erano di stampo ben differente. Basta aver girato un po' il mondo per sapere che sino a qualche decennio fa due soli scrittori italiani avevano una vera irradiazione internazionale. Erano Umberto Eco e Italo Calvino. Al di là del giudizio propriamente letterario che se ne vuole dare (per esempio sui romanzi di Eco la critica italiana è sempre stata un po' conformista e negativa), si trattava di due autori eminentemente intellettuali, da cui il colore locale era lontanissimo. Ferrante è il ritorno a una immagine dell'Italia che pensavamo appartenesse al passato. Un'Italia che parla in fondo del suo cuore arretrato e alla fine consolatorio. Di un mondo che rappresenta solo un segmento della società italiana. Eppure quel segmento, il rione miserabile, il riscatto difficile, le angosce femminili, piacciono agli americani. L'Italia è una provincia americana, e piace l'Italia di provincia.
Cominciano già a dire che Donatella Di Pietrantonio, la scrittrice dentista del profondo Abruzzo, sarà in America la nuova Ferrante. Benissimo.
Ma ora il primo quarto del XXI secolo è finito, non sarebbe ora di vedere balenare in Italia e in letteratura qualcosa di veramente nuovo, che si proietti nel futuro, e si confronti con i cambiamenti, le crisi, i sogni di oggi?
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