Beatrice Belli
Qualcuno obietterà che lo squallido copione di fondo, almeno per linfelice vittima, sarebbe stato lo stesso: una violenza sessuale è sempre una violenza sessuale. E certe brutture - che durino un giorno o unora - restano comunque indelebili per chi le subisce. Di sicuro, però, quella mattina del 20 agosto linserviente ospedaliera aggredita in viale Umbria alla fermata del filobus da un nordafricano, non sarebbe rimasta per più di due ore e mezza in balìa del balordo che lha stuprata. E forse il colpevole sarebbe già stato assicurato alla giustizia. Chissà. Se solo qualcuno - carabinieri o polizia - quella mattina avesse dato retta a una segnalazione di un cittadino. Un italiano che, poco dopo le 6.30, dopo essere passato a piedi davanti allarea dismessa dellex stazione, sentì le grida di aiuto della donna e si rivolse, prima personalmente e poi per telefono, alle forze dellordine perché intervenissero. Inutilmente: la sua segnalazione venne sottovalutata. E nessuna pattuglia, né dei carabinieri né della polizia, venne inviata sul posto, almeno per controllare quello che stava accadendo allinserviente. Che, una volta lasciata libera dal malvivente, è tornata a casa e da lì è stata lei a lanciare lallarme.
Viale Umbria, area dellex stazione di Porta Vittoria. Non è cambiato nulla da queste parti dal 20 agosto scorso, quando la quarantenne italiana, alle 6 del mattino, mentre era alla fermata, in attesa dellautobus che lavrebbe portata al lavoro, venne aggredita e trascinata tra le sterpaglie dellarea dismessa. Lì, un nordafricano che laveva seguita, abusò di lei, minacciandola con una pietra, per oltre due ore e mezza. Adesso le pattuglie dei carabinieri girano con a bordo lidentikit dello stupratore. Tuttavia la zona dove si è verificato lo stupro è esattamente la stessa di quella mattina: la rete arancio di plastica che serve a delimitare larea è ancora sfondata, le sterpaglie restano a vista, il fin troppo visibile degrado impaurisce e amareggia.
Quella mattina un uomo italiano, dicevamo, mentre cammina sul marciapiede in prossimità dellarea dismessa, sente le invocazioni daiuto dellinserviente che, trascinata tra le sterpaglie, era vittima del suo aggressore proprio in quel momento. Sono da poco trascorse le 6.30. Il cittadino corre alla vicina caserma dei carabinieri di Porta Monforte, in viale Umbria 62 e parla con il piantone, segnalandogli il fatto. Il sottufficiale risponde come sa, come gli è stato ordinato: «La zona, ora, è di competenza della polizia, chiami il 113».
Bisogna spiegare che, per le forze dellordine, la città è divisa in tre macrosettori (indicati, per comodità, con le prime tre lettere dellalfabeto: a,b,c) che cambiano di competenza ogni cambio di turno. I turni sono quattro nellarco delle 24 ore; le zone, ogni turno, sono due di competenza della polizia e una dei carabinieri. E quando una chiamata arriva al 112 e la zona, a quellora, non è di competenza dei carabinieri, la chiamata viene passata dalloperatore al centralino alla polizia. E viceversa.
Quella mattina la zona compresa tra il centro, Monforte-Vittoria, Città Studi, Lambrate e Mecenate, a quellora, è ancora di competenza del 113. Il cittadino scuote la testa, non capisce come i carabinieri non possano intervenire per unemergenza che avviene a due passi dalla loro caserma. Tuttavia si rivolge alla polizia che ha tuttora la registrazione di quella chiamata.
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