"La Lombardia legiferi copiando la Toscana"

Dibattito al Pirellone: controverso il tema del "sostegno vitale"

"La Lombardia legiferi copiando la Toscana"
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Nel giorno in cui la Corte Costituzionale si riunisce per la quarta volta per discutere di fine vita e l'Italia scopre che a chiedere - e ottenere - il suicidio medicalmente assistito sono stati sette pazienti e non sei (l'ultimo in Emilia Romagna), al Pirellone si riprendono le fila del dibattito, «perché c'è timore che la maggioranza di governo non si metta d'accordo su una legge nazionale». Così il gruppo consigliare del Pd ha chiamato vari esperti al convegno su «La necessità di una legge» augurandosi che un testo «disciplinato, che chiarisca chi deve procedere, se infermieri o medici» provenga dall'aula lombarda (che, a loro dire, potrebbe copiare il testo toscano). Un passo indietro. Dopo la legge nazionale sulle cure palliative del 2010 che consente anche al malato terminale di proseguire «con una sedazione profonda fino alla morte» (che avviene nel giro di due-tre giorni e non immediatamente) la Corte Costituzionale, con sentenza 242 del 2019, ha decriminalizzato il suicidio assistito. Il medico che aiuta i pazienti, porgendogli il farmaco, non è perseguibile penalmente, «tuttavia - stando alle condizioni stabilite dalla Corte, il richiedente deve dimostrare di avere un mezzo che lo tiene in vita, un sostegno vitale, situazione che discrimina alcuni malati privandoli della possibilità di accedere al fine vita» ha chiarito Mario Riccio, anestesista e consigliere dell'associazione Coscioni. La giurista dell'Università Statale Nannerel Fiano ha messo in evidenza come «la Corte Costituzionale sia uscita dal proprio ambito di competenza vestendo l'abito del legislatore per ben tre volte». Per la giurista le Regioni potrebbero legiferare sul fine vita «che è un tema sanitario e non penale». Intanto ieri, alla Corte Costituzionale l'avvocatura dello Stato, in rappresentanza della presidenza del Consiglio ha ribadito che «non c'è un diritto al suicidio né un obbligo dei medici di concorrere a una volontà suicidaria».

Sono stati accolti i timori di quattro malati gravi che temono di perdere la loro tutela se tra i requisiti di non punibilità del medico che aiuta al suicidio dovesse essere escluso il sostegno vitale: «Si rischia di dare al medico il diritto di vita e di morte; una legge, poi, ratificherebbe quello che oggi è possibile su singoli casi».

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