Che cos’è più indimenticabile, Enrico Mentana, creare da zero il Tg5 o quintuplicare gli ascolti del TgLa7?
«Direi che fondare un telegiornale resta un’esperienza irripetibile e storica. Soprattuttosesideveinventare qualcosa di diverso come fu per il Tg5 che nacque in un periodo in cui i notiziari erano proni alla politica. Comunque anche prendere un tg e portarlo dal 2 al 10 per cento di share direi che è un’esperienza mica male».
In questi giorni si celebrano i vent’anni del Tg dell’ammiraglia Mediaset: prima edizione alle 20 del 13 gennaio 1992. L’ansia non è un tratto del suo carattere, cosa ricorda nitidamente di quel giorno?
«Che mi cadevano continuamente gli occhiali, non erano della mia misura, passavo il tempo a rimetterli sul naso... Mi fece effetto il videomessaggio di auguri che ci mandò Cossiga che in quel momento era a Londra: il presidente della Repubblica che benediceva un giornale che voleva essere sganciato dalla politica».
Che è poi l’accusa che le hanno sempre rivolto: occuparsi di cronaca per fingere di essere indipendente dalle pressioni aziendali. Ora che sta a La7 ha cambiato idea e fa invece un giornale molto politico.
«Io ho sempre risposto che di mestiere faccio il giornalista e che ogni stagione è diversa: in quell’epoca era necessario un Tg che si occupava delle notizie di cui gli altri non si occupavano e che adesso gli spettatori, anzi una fetta di spettatori, vogliono un altro tipo di informazione».
Infatti, Clemente Mimun, attuale direttore del Tg5 dice che lei «sta dove sta il mercato».
«Non mi pare offensivo. Non mi sono mai vergognato di parlare di cronaca. E comunque non dimentichiamoci che volli fortemente i faccia a faccia Prodi-Berlusconi e Occhetto-Berlusconi e che parlare di inchieste giudiziarie è fortemente politico».
Ma torniamo ai suoi dodici anni vissuti pericolosamente al Tg5. Da Falcone a Borsellino, da Tangentopoli ai sequestri Kassam e Soffiantini, all’11 settembre... qual è stato l’evento che ha vissuto con più partecipazione?
«Direi la guerra in Kosovo, unaguerra insensata e così vicina a noi. Fummo i soli a prendere nettamente una posizione contraria. Una guerra ammantata di etica portata avanti da governi di sinistra. Certo anche l’attacco alle Torri gemelle fu fonte di grande emozione: non si capiva nulla e fu difficile andare in onda».
Poi il capitolo della rottura con Mediaset. Mimum dice che il Tg5 si è sempre mantenuto in una posizione di equilibrio. Lei rivelò in una famosa lettera che Mediaset si era trasformata in un «comitato elettorale» e che per questo se ne andò.
«Come ho detto, ci sono stagioni diverse. Ed è giusto che i giornali cambino pelle. Io ebbi la fortuna che quando nel ’92 mi affidarono il Tg5 il mio editore non aveva impegni politici e mi chiesero di fare un telegiornalepertutti. Hopotutoscegliere una squadra di giovani, da cui sono usciti anche parecchi direttori. E per molti anni ha funzionato il concetto: squadra che vince non si cambia. Poi si è cambiata idea».
Per paradosso, oggi in molti rimpiangono Berlusconi perché forniva grande materiale a giornali e telegiornali. Anche il suo Tg ne risente...
«Certamente siamo entrati in una fase diversa, in una sospensione della politica. Ma siamo noi giornalisti a innamorarci delle situazioni. Dobbiamo ricordarci che c’era un prima e ci sarà un dopo la stagione berlusconiana e che dovremo continuare a raccontare la realtà. L’importante è tenere sempre alto il bioritmo».
E secondo lei l’attuale Tg5 ce l’ha alto?
«Visto che ancora gli capita di battere il Tg1...».
Come vede la nuova rete Tgcom24 di Mediaset?
«È presto per giudicare, certo non si può nascondere che tre reti all news sono molte in un mercato come l’Italia,ma questo crea anche più competizione».
E la sua redazione si è tranquillizzata sulle questioni sindacali? Le sue minacce di dimissioniad alcuni sono sembrate pretestuose...
«Sono rimasto perché ho avuto precise rassicurazioni. Io quando vado in un posto è per restarci per sempre. Non me ne andrò da La7 se non perché lo vuole qualcun altro. Non mi interessano, come detto da alcuni,poltrone più “alte“».
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