Quante volte avete chiamato un taxi con un fischio, come Audrey Hepburn in Colazione da Tiffany o avete pronunciato la frase «Segua quella macchina»? Mai? Eppure, è una delle più proferite nei film Usa. Nella vita reale, non succede (quasi) mai, ma tant'è. Gli americani dei film vivono una vita parallela al mondo reale, grazie a sceneggiature fatte con il copia e incolla. Anche quando sono in trasferta. Fateci caso: a Roma, per noi italiani, c'è un traffico anarchico e imbottigliato, ma quando un americano, come in My Spy - La città eterna, uscito ora su Prime Video, o nell'ultimo Mission: Impossible deve fare un inseguimento, trova le strade capitoline, senza buche, praticamente deserte e le macchine perfettamente parcheggiate. Gli americani, nelle pellicole, come in Giù le mani dalle nostre figlie, vogliono perdere la verginità solo nel ballo di fine liceo, in una stanza di motel; mai prima o dopo. Nei film sui teenager americani, come Sleepover e Mean Girls, gli adulti, in qualsiasi mese dell'anno, sono sempre in vacanza per un mese, beati loro. Così l'adolescente americano può organizzare mega feste in casa, senza svelare chi paghi, dicendo «conosco metà della gente in sala». A parte Samuel L. Jackson in Pulp Fiction, a tavola, gli americani non mangiano mai quello che hanno nel piatto; giocherellano con il cibo. Tranne alla mattina, quando il capofamiglia arriva in sala da pranzo, con la valigetta 24 ore, mentre la mogliettina sta sfornando, perfettamente vestita, truccata e sorridente, omelette e bacon in quantità industriale, senza mai sudare, fosse anche Ferragosto. Poi, arriva il figlio scolaro americano che, infischiandosene della mamma di cui sopra, prende una mela e dice «scappo, sono in ritardo». Nei film a stelle e strisce la capa cheerleader è sempre una stronza, bionda, con un seguito di amiche che la idolatrano. Di solito, ha una rivale, bruttina e con gli occhiali, ma che, d'incanto, con una sola seduta di make up, diventa una bellezza da OnlyFans. Quando l'americano richiude la porta del frigorifero, dopo aver bevuto latte, a canna, dalla tanica da 5 litri, c'è sempre qualcuno nascosto dietro, in silenzio, che gli fa fare un salto dallo spavento. Gli americani nei film entrano in casa senza mai usare le chiavi e trovano le luci già tutte accese: altro che mercato tutelato. Gli americani, nelle pellicole, rispondono immediatamente al telefono, dopo mezzo squillo, pure in modalità silenziosa e chiudono la telefonata senza salutare mai. Quando chiamano da una cabina, sanno i numeri a memoria, senza consultare l'agendina. Quando devono pagare, tirano fuori, dalla tasca, rotoli di banconote, spesso sgualcite, non conoscendo l'uso del portafoglio o della carta di credito. Anche con -20 gradi fuori, i giovani americani vanno a letto, al massimo, con una magliettina bianca e nemmeno della salute. Gli stessi che, quando vanno a correre, hanno sempre una tuta grigia, modello Rocky. Gli americani dei film trovano sempre parcheggio, fosse anche davanti all'Empire State Building, la vigilia di Natale e con una sola manovra; quando chiudono la macchina, non usano mai le chiavi o il telecomando. Quando guidano, parlano guardando il passeggero negli occhi, senza mai andare a sbattere. Gli stessi che si danno appuntamento ad mentula canis: «Ci vediamo tra le Settima e la Quindicesima», che a un milanese, con una simile indicazione, verrebbe una paresi da stress. Quando vanno al bar e ordinano una birra o un whisky, il barista americano gliene servirà uno a caso, senza chiedere la marca, con in mano, rigorosamente, lo straccetto per pulire il bancone. Se, per caso, comprasse una mega casa sopra un terreno infestato, cascasse il mondo, ovvero, bruciassero moglie e figli, il capofamiglia americano dei film direbbe: «Questa è casa nostra e, da qui, non mi caccia nessuno».
Ah, gli americani, se sentono uno strano scricchiolio, per non dire peggio, in un armadio o dietro una porta, pur convinti che ci sia un estraneo, non scappano a gambe levate, ma vanno a curiosare, camminando lentamente e con in mano un coltellone da cucina. Gli statunitensi dei film dicono «sincronizziamo gli orologi», parlano per ore, nei cimiteri, davanti alla lapide del proprio caro e citano la Bibbia a memoria, senza sbagliare il numero del versetto. Il poliziotto che sta per andare in pensione, si ritrova sempre, nell'ultimo giorno, un caso impossibile da risolvere. Se poi glielo comunicano nella macchina di servizio, come minimo deve buttare dal finestrino il sandwich a metà, con buona pace degli spazzini. I padri divorziati arrivano sempre alla fine della recita dei figli e dicono «scusa, campione». I cattivi, nei film di azione, escono fuori dai nascondigli come degli zombie, facendo da facile bersaglio per l'eroe americano di turno. Che non si ferisce mai, ma, al massimo, «è un graffio». Nei film americani, la vittima, inseguita, riesce sempre a prendere la metro al volo, meglio di un pendolare, con le porte che si chiudono in faccia al serial killer. I vicini di casa, evidentemente con il reddito di cittadinanza, stanno sempre spingendo la falciatrice su un prato perfettamente raso, dove sventola la bandiera a stelle e strisce. Gli americani, nei film, si baciano sotto la pioggia, finiscono subito a letto e, dopo una notte di fuoco, si svegliano, la mattina dopo, perfettamente truccati e con l'intimo indosso; lo rifanno subito, infischiandosene dell'alito cattivo. I ladri americani rubano ancora le auto facendo contatto con i fili. Nei film horror americani le auto non partono mai e il cellulare della vittima non ha mai campo.
Nei film statunitensi, gli italiani mangiano solo pastasciutta e polpette su una tovaglia rigorosamente a quadretti bianchi e rossi. I gay, nelle commedie Usa, sono effeminati, si vestono da Village People, agitano le braccia come fossero vigili a un incrocio e confessano all'amica del cuore: «non l'ho mai detto a nessuno di essere gay».
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