Lugano, la seconda vita del museo salvato

Ha vivacchiato ed è stato sul punto di essere cancellato, ma ora è tornato a nuova vita e sembra avviato a un brillante futuro. Stiamo parlando del MCEL (Museo delle Culture Extraeuropee di Lugano), che nella splendida cornice dell’Heleneum ospita le opere d’arte etnica raccolte da Serge e Graziella Brignoni. Il merito di quest’inversione di tendenza è soprattutto dei giornali e dell’opinione pubblica del Ticino, che, a partire dall’estate 2004, hanno condotto una decisa campagna contro la chiusura del MCEL. Inaspettatamente, però, la protesta ha trovato un alleato prezioso nell’attuale responsabile del Dicastero delle Attività Culturali, Giovanna Masoni Brenni, che è riuscita a far cambiare idea al Comune di Lugano, rovesciando una proposta di delibera municipale che prevedeva di dare in prestito il meglio della raccolta al futuro Musée du Quai Branly e di vendere all’asta quanto restava.
Il tutto, la decisione di fare marcia indietro, di procedere al rilancio e le prime iniziative del nuovo MCEL, è stato fatto in un anno e mezzo (e qui viene, inevitabile, la solita battuta: «Ma è possibile che queste cose succedano sempre all’estero? È possibile che in Italia nessuno si sia accorto della situazione, tanto per non fare nomi, dei musei di antropologia di Firenze e di Torino?»).
Il protagonista del nuovo corso del MCEL è un italiano: Francesco Paolo Campione, che a dispetto della meticolosa acribia con cui gli svizzeri danno la precedenza ai loro connazionali in tutti i ruoli di prestigio (non si dimentichi il referendum che ha negato la cittadinanza svizzera anche ai figli degli immigrati di terza generazione), è diventato direttore del Museo e ha avviato un vulcanico piano di iniziative. La strategia del rilancio è condensata in un volume di 350 pagine, che scandisce le attività del museo fino al 2008. I punti centrali del rilancio prevedono: «La creazione - spiega Campione - di depositi efficienti e visitabili; la catalogazione informatizzata di tutte le opere e la possibilità di consultarne on-line il catalogo; l’acquisizione di un fondo librario di arte etnica di primaria rilevanza e l’apertura al pubblico della Biblioteca del Museo; la creazione di un’area per le esposizioni temporanee e la proposta di due cicli di mostre all’anno, uno invernale dedicato all’esotismo nella fotografia d’arte del Novecento e uno, estivo, dedicato all’analisi monografica delle forme espressive dell’arte etnica; un accordo di programma con le università del Canton Ticino, per fare del Museo la sede stabile d’insegnamenti di discipline antropologiche; un’offerta didattica continua, articolata su tre diversi livelli; una caffetteria nei locali della vecchia darsena».
Incredibilmente, parte di questo progetto è già stata realizzata, perché, per quanto Campione sia entrato in servizio da nemmeno un anno (per la precisione nel maggio 2005), i depositi sono in funzione, il fondo librario è stato acquistato (la biblioteca sarà aperta entro marzo) e al Museo sono già attivi due corsi universitari. Il direttore, tuttavia, ama guardare lontano e pensa già al nuovo Piano triennale che dovrà accompagnare il museo alla scadenza del 2012, quando l’istituzione si trasferirà nella più grande e più centrale Villa Malpensata, accanto alla struttura dell’ex Hotel Palace nel quale sorgerà il grande Polo Culturale Luganese.

Da quella roccaforte Campione non nega l’ambizione di creare un centro in grado di lanciare proposte rivolte non solo alla Svizzera ma anche a tutti gli appassionati di arte etnica del Nord Italia per creare «una casa delle culture e delle arti dei popoli nativi, capace di contribuire con le sue ricerche e le sue proposte culturali ed espositive al serrato dialogo delle identità che caratterizza già peculiarmente l’attuale fase storica, in cui alla molteplicità delle culture si è velocemente sostituita un’unica cultura planetaria dalle molteplici caratterizzazioni locali».

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