Certo il raggiungimento dell'accordo sul clima da parte del G8 non era scontato. Ma Greenpeace ancora una volta l'ha combinata grossa. Oltre cento attivisti del gruppo ambientalista hanno occupando in tutta Italia quattro centrali elettriche a carbone chiedendo ai capi di Stato di «assumere un ruolo di leadership contro i cambiamenti climatici».
Gli attivisti provenienti da 18 Paesi hanno occupato le centrali di Brindisi, Marghera, Vado Ligure e Porto Tolle. Negli impianti sul Po e in quello veneziano l'occupazione è durata finoa notte. Nel corso della protesta, gli attivisti hanno occupato i nastri di trasporto e scalato le ciminiere e le gru delle quattro centrali. «Le nazioni del G8 devono finirla di mettere gli interessi del business dei combustibili fossili davanti a quelli di noi tutti e devono intervenire con urgenza con misure concrete che riducano sensibilmente le emissioni entro il 2020», ha detto Alessandro Giann, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.
Manifestazioni che hanno irritato Andrea Clavarino, presidente di Assocarboni (l'associazione che raggruppa le aziende che operano nel settore dei combustibili solidi). «In Italia - ha spiegato - la quota di utilizzo di carbone estremamente bassa (12% contro il 33% medio in Europa e il 39% nel mondo) con gravi effetti sulla sua bolletta e sicurezza energetica». Le moderne tecnologie di movimentazione e combustione del carbone oggi disponibili, lo rendono una fonte primaria pulita di energia elettrica con numerosi vantaggi e con emissioni di CO2 ridotte di circa l'80 per cento.
«È un dato di fatto - ha aggiunto - che nove centrali a carbone in Italia (pari ad oltre l'80% della potenza installata) sono dotate della certificazione ambientale Emas, lo standard europeo più severo».
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