Il medico dagli occhi color smeraldo capace di «far parlare i morti» arriva alle 11.20 del mattino su un Suv bianco. Scortata da un dirigente dello Sco e da altri due agenti in borghese. Stavolta, finita l’autopsia durata quasi due giorni, indossa gli abiti dell’entomologa e della botanica. Si inoltra nel campo tra Madone e Chignago, lì tra i capannoni e le stradine frequetate da coppiette e prostitute, dove nessuno avrebbe mai pensato di trovare Yara. E dove fino a ieri sono riusciti ad avvicinarsi centinaia di morbosi curiosi.
Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa dell’istituto di Medicina legale di Milano, cui tocca il compito di dire come, quando e magari anche chi abbia massacrato la tredicenne di Brembate, dopo aver prelevato sacchetti di terra, (quella che si trovava attorno e sotto il cadavere), adesso cerca foglie, pollini, e larve. Qualunque traccia utile per stabilire se davvero questa ragazzina sparita una sera uggiosa di fine novembre sia stata uccisa proprio tra quelle sterpaglie. O invece lì abbia solo concluso la sua agonia.
«Non dico nulla e non posso dire assolutamente nulla, chiedete alla magistratura», il refrain della dottoressa, in queste ore che appaiono decisive per l’inchiesta. Un muro identico a quello innalzato da Procura e investigatori.
Ogni notizia, ammettono, potrebbe essere sfruttata dall’assassino. Ammesso che di uno solo si tratti.
C’è da smentire, però, almeno un macabro particolare: gli slip della vittima non sono stati strappati, sul corpo della vittima non risulterebbbero nemmeno segni di violenza sessuale. Insomma chi ci ha provato, se così fosse andata, avrebbe perso la testa di fronte al no secco di quella adolescente non ancora sbocciata. Le indagini si stringono sempre più, si screma dalla lista dei possibili sospetti, probabilmente nelle mani degli inquirenti potrebbe esserci già il Dna del killer.
Ad ingarbugliare la faccenda ci è messa ancora una volta la rete. Sciacalli, mitomani, conoscenti veri o presunti di Yara.
C’è per esempio una tale Marta Casile che su facebook si definisce «la migliore amica di Yara», e il 28 febbraio mandava questo post: «Lui, lui, lui, ancora lui.....(ore 0,42, due giorni dopo il ritrovamento del cadavere). Quante bugie. Sto vedendo Matrix, possibile che non capiscano? Cucciola, oggi per la rabbia e la paura stavo facendo una brutta cosa, scusami ti prego tata, perdonami è che sono anche stanca, stanca. Ora vado a nanna tata mia col tuo cuscino di Kitty tra le braccia, tu restami accanto se puoi e manda un bacio a mamma, papà e ai tuoi fratellini. Vita mi manchi ogni istante di più. Dolce notte Yara». Peccato che almeno a Brembate Marta Casile non esista. Eppure scrive: «Qui ci conosciamo tutti e tutti sappiamo...».
La polizia Postale ha inviato ai responsabili di Facebook la richiesta di acquisizione dei dati relativi a Marta, in modo da poterla rintracciare ed interrogare. Marta rispondendo a una certa Kate - che si definisce una «mamma» e che chiede alle ragazze e ai ragazzi «di rimanere uniti quando uscite» e «di non dare retta a nessuno anche se lo conoscete» - afferma: «Kate... qui ci conosciamo tutti...e tutti conoscono noi... Brembate come Gorle è un piccolo paesino...e questo ci fa ancora più paura...».
La prossima settimana ci saranno i funerali.
«Non c’è chiesa al mondo che potrebbe contenere tutte le persone che vogliono parteciparvi. Li celebreremo all’aperto», spiega don Corinno Scotti, il parroco.Sperando che la bestia che ha fatto tutto ciò nel frattempo sia già rinchiuso.
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