La Roma, oggi ottantenne, ha i connotati duna bella signora che mantiene intatto il fascino discreto delle donne duna volta. La «maggica» soffia oggi sulle candeline di un genetliaco storico, che forse cè già stato (alcuni annali fissano al 7 giugno 1927 la fusione fra Alba Audace, Roman e Fortitudo Pro Roma) e che viene comunque atteso dal suo popolo quasi fosse una manna dal cielo. Perché i fan della squadra sono passionali come pochi altri nonostante le delusioni patite in otto decenni, dove sincorniciano al fianco dei tre scudetti, della Coppa delle Fiere e di 8 Coppe Italia, pure una retrocessione in serie B e una finale di Coppa dei Campioni clamorosamente persa allOlimpico con il Liverpool. «La Roma non si discute, si ama», come esternò Renato Rascel durante una delle serate più tristi della storia romanista, quando al teatro Sistina il popolare «Renatino» interruppe lo spettacolo per avvisare il pubblico che da quel momento la Roma era finita nel campionato cadetto.
Qui cè la storia duna città considerata che ha seguito con estrema passione la sua squadra. Come quando in tanti andarono a prendere Falcao a Fiumicino quando sbarcò dal Brasile. O quando in molti presero il treno per andare in trasferta a Como pure allindomani della sconfitta casalinga col Lecce che fece perdere sul filo di lana quello che, 22 anni fa, sarebbe stato il terzo scudetto. Amadei e Bruno Conti, Di Bartolomei e «Picchio» De Sisti, Pierino Prati e Voeller, non cè spazio per ricordare tutti quelli che hanno fatto sognare la platea indossando i colori oro e porpora (i puristi sottolineano infatti che il giallorosso lo indossano i peloritani del Messina e i salentini del Lecce), e diventa perfino inutile snocciolarli nel giorno del compleanno, come a dire che ci si ricorda degli eroi solo alle ricorrenze. Meglio scavalcare lamarcord, che comunque troverà lapoteosi giovedì prossimo, quando allo stadio Olimpico accorreranno almeno in 80mila per festeggiare, e concentrarsi sul futuro. Che riparte dal «no» di Francesco Totti alla Nazionale fino alla telenovela Chivu, mentre il vecchio cuore del tifoso già sinfiamma per gli approdi a Trigoria del francese Giuly e dellex cagliaritano Esposito. E poco importa del sarcasmo dei cugini, pronti a giurare che al «Fulvio Bernardini» si siano visti Biancaneve (Mexes, e ci perdoni, il francese!) e i sette nani «Espositolo», «Giulyolo», «Taddeiolo», «Pizarrolo» e... chi più ne ha, ne metta, ironizzando sulle altezze dei gladiatori che affiancano il capitano.
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