"Macché super-cuochi. La cucina è femmina"

È l'ambasciatrice dei piatti italiani negli Usa. E la mamma del giudice di Masterchef: "Per gli uomini il cibo è un lavoro, per le donne è amore"

"Macché super-cuochi. La cucina è femmina"

Negli Stati Uniti, Lidia Bastianich è il mito della cucina tricolore, la mente di un impero ora condiviso con i due figli, Tanya e Joe. La mamma del giudice dei fornelli più severo che vi sia, Joe Bastianich appunto, è anche autrice - con la figlia - di bestseller della gastronomia, e volto noto della tv: la seguono 100 milioni di americani. Con Joe è proprietaria di sei ristoranti Usa, di cui quattro a New York, di due aziende vinicole in Italia, è poi azionista di Eataly oltre Oceano. Istriana, 69 anni, è negli States da quando ne ha 12. Dell'Italia ha mantenuto due cose: la tradizione culinaria, questo si sa, e la musica. È una fanatica dell'opera, tanto da portare chi la fa ai fornelli. Il caso più recente è quello di Ambrogio Maestri, baritono per il quale il ruolo di Falstaff è ormai una seconda pelle. Fra una recita e l'altra al Metropolitan, Maestri è andato da Ms Bastianich. A cantare? No: a cucinare.

Cosa avete preparato?

«Lui il risotto e io l'osso buco. Nel frattempo raccontavo la sua storia. I suoi genitori sono ristoratori, sa cosa vuol dire fare questo mestiere. E poi la musica è piena di richiami alla cucina».

Lei che rapporti ha con le note?

«Strettissimi. Appena posso, vado a teatro: ovunque mi trovi».

Compositore prediletto?

«Amo i nostri italiani, Verdi e Rossini anzitutto. Ora mi sto innamorando di Wagner. Poi dipende dal periodo. C'è stata la fase dell'opera russa, cercavo di seguire regolarmente il Festival di San Pietroburgo, quello di Valery Gergiev, uno dei miei artisti preferiti».

Ha trascinato anche lui ai fornelli?

«Non ancora, ma il direttore d'orchestra Gianandrea Noseda sì. E accadrà sempre più spesso visto il suo incarico qui a Washington».

Come l'ha coinvolto?

«Dopo uno spettacolo al Met, lo invitai da me. Erano le 11 di sera, arrivò con 40 musicisti e suonarono l'ouverture del Guglielmo Tell».

Dove è successo?

«Proprio qui, a Eataly. L'anno prima, nell'altro mio ristorante, Del Posto, Noseda aveva portato un Quartetto. I musicisti suonavano Rossini e io cucinavo i piatti più amati dal compositore».

A proposito di cibo & musica. Qual è il compositore più appropriato per accompagnare un risotto?»

«Il frizzante Rossini».

E l'osso buco?

«Wagner».

Quanto al dolce?

«Mozart».

La sta «diludendo» - per dirla con lui - questo figlio che insiste a fare il rocker?

«Assolutamente no. Anzi, seguirò il suo festival nel Friuli, quest'estate. E comunque, prima era un rocker duro, col tempo, s'è ammorbidito. Del resto in casa nostra la musica non è mai mancata. Siamo emigranti, e la musica consente di portarsi dietro il proprio Paese. Stesso discorso per il cibo. Dopocena e nei giorni di festa, mio marito prendeva la fisarmonica e via a cantare».

Che cosa?

«Piemontesina bella, per esempio».

In Istria ci torna ?

«Ogni estate. L'adoro, sono innamorata del mare croato, lo solchiamo tutto, cerchiamo di spingerci fino giù a Dubrovnik. Le isole Incoronate, poi, sono uno spettacolo unico. Il pesce è buonissimo, la natura è selvaggia. Vivo a New York dall'adolescenza, e ne sono felice, però ogni tanto devo scappare. In quel mare ritrovo me stessa, riesco a ricaricare le batterie».

È da lei che suo figlio Joe ha imparato l'espressione «Vuoi che muoro»?

«Ah... so che è diventato un tormentone... Cosa vuole, a casa parliamo dialetto triestino, lui non ha imparato l'italiano vero e proprio. La figlia ha fatto un master a Firenze, ma Joe ha seguito altre strade. Però ora sta studiando le coniugazioni».

Ha detto che gli chef famosi sono perlopiù uomini, ma la cucina è femmina. Può spiegarsi meglio?

«In generale, chi cucina in casa? La donna. L'uomo ha visto nei fornelli un'opportunità di lavoro, una professione. In cucina ama reinventare, creare. La donna pensa a ristorare, a nutrire, cucina con amore. A occhi chiusi potrei dire se un piatto è firmato da un uomo o da una donna, sono due approcci diversi».

Ha cucinato per gli ultimi due Papi. Ci racconti qualcosa...

«Papa Francesco è perfino venuto in cucina. Stavamo preparando la cena quando si è presentato con un bel sorriso e grande leggerezza. Siamo stati 20 minuti a chiacchierare. Mi ha chiesto della famiglia, ha voluto sapere della nostra storia di emigranti. Mi ha benedetto con la croce sulla fronte e ha consegnato crocefissi benedetti a ognuno di noi».

È un buongustaio?

«Ha voluto cibi leggeri, era in viaggio. Però credo che gli piaccia mangiare. Ama le verdure, ma anche i dolci. Per lui ho preparato brodo di cappone con anolini, e date le origini piemontesi un risotto al tartufo e porcini, poi pesce fresco».

Lei ha fatto tv in Italia e continua a farla in America. Differenze?

«Negli Usa c'è molta più organizzazione, nel senso che tutto è preparato a perfezione, ma non si dà spazio all'improvvisazione. In Italia si avverte una maggiore libertà d'azione. Quanto ai bambini (Lidia è stata giudice di «Junior MasterChef»; ndr), quelli italiani col cibo sono più rilassati, si vede che sono abituati. Per gli americani è business, vogliono fare questo, dunque studiano e si preparano».

Il suo è un perfetto business familiare ...

«I miei figli sono cresciuti nei ristoranti. All'inizio ero la trascinatrice, poi i figli sono come uccellini: a un certo punto bisogna lasciarli volare da soli. Ora mi limito a dare loro un supporto. Non volevo che fossero nell'ombra di Lidia».

L'America le ha inculcato il desiderio di successo. Che cosa le ha insegnato l'Italia?

«La predisposizione alla creatività, all'arte. Negli Usa ho imparato l'attenzione al business, al marketing. Ho la fortuna di appartenere a due grandi culture».

Gli anni più duri della sua vita furono quelli trascorsi a San Sabba, quando l'ex campo di concentramento accolse gli esuli istriani. Che cosa le ha insegnato quel periodo?

«Lì, con una ciotola in mano, mi mettevo in coda per la razione di cibo. Così ho imparato a convivere con gli altri, a non rifiutare il cibo, ad apprezzare l'altruismo. Ci sono state persone che si sono occupate di noi, ci hanno offerto un'opportunità, questo ti sprona a voler ricambiare. Posso capire molto bene la situazione di tanti profughi di oggi».

Poi è arrivata a New York, si è rimboccata le maniche. Cosa rappresenta New York per la sua professione?

«L'epicentro della cultura culinaria nel mondo. La clientela qui è tanta e variegata, quindi ti dà l'opportunità di conoscere, e di avere successo se fai le cose bene. Poi c'è chi fa cose interessantissime e chi fa porcherie. Questi però vengono allo scoperto perché gli americani sono curiosi, studiano, comparano. Quindi sanno discernere. I nodi vengono sempre al pettine...».

Tanti ottimi ristoranti italiani sono spesso semivuoti...

«Lo so, lo vedo, e si stringe il cuore ogni volta che mi imbatto in situazioni di questo tipo. Per rimanere a galla bisogna essere creativi, bisogna poter fare investimenti, quindi è necessario anche il successo economico. In Italia la situazione economica degli ultimi anni tiene le persone a casa, per fortuna ci sono i turisti. Nella Penisola in più c'è un grosso problema: le leggi».

E cioè?

«Troppe pressioni, leggi tutte a favore del lavoratore che legano le mani al datore di lavoro. In un ristorante, devi essere come un direttore d'orchestra: scegliere i migliori e liberarti di chi non si impegna».

In che misura il suo successo è stata questione di fortuna, di sacrifici, di intuito ...

«È un mix di questi ingredienti. Ho avuto dalla mia parte la fortuna di combinare la cultura italiana e americana. Di conoscere da subito certi prodotti, tipo il San Daniele, o la ricotta di capra. Sono partita dall'Istria con una ricchezza di gusti che ho voluto mantenere e poi capitalizzare».

La sua migliore intuizione?

«Non saprei. Credo di aver imboccato la strada migliore a ogni incrocio, sfruttando le opportunità del momento. Ho sempre dato molto di me stessa, e questa cosa in America viene particolarmente apprezzata».

Ha in testa un nuovo libro?

«L'ultimo è stato presentato in ottobre. Però sì, il prossimo sarà per il 2017. Lo dedico alle ricette per le feste italiane. Tipo banchetti per battesimi, cresime...».

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