I giornalisti da rovinare

Troppi processi di piazza: si deve recuperare la dignità attraverso la presunzione di innocenza

I giornalisti da rovinare
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Alla fine sarà il segreto di Pulcinella. L'idea di ridare forza alla presunzione di innocenza è nobile. L'Italia è malata di processi sommari, quelli di piazza, con la pena scontata in diretta, perché prima di qualsiasi giudizio ti strappano qualcosa che si fa fatica a recuperare: la dignità. Il verdetto finale in tribunale diventa quasi inutile. Il problema è capire come rendere meno grottesco e feroce questo spettacolo di pollici versi. Il governo ha scelto la strada più scontata: nascondere in qualche modo gli atti giudiziari. È il modo migliore per dare ancora più voce a sussurri, sospetti, pettegolezzi, mezze verità da social e da salotto da far rimbalzare nei modi più meschini. La responsabilità di mantenere il segreto è affidata ai giornalisti, che per mestiere dovrebbero fare il contrario. È insomma una richiesta contronatura. Il decreto legislativo varato a settembre immagina di risolvere la questione vietando la pubblicazione fedele del testo dell'ordinanza di custodia cautelare. Niente più virgolettati. Il giornalista però può fare un bel riassunto di quello che c'è scritto. La ratio un po' sfugge. Ci si fida più della sintesi personale rispetto all'atto ufficiale. Il motivo forse ha a che fare con quelle frasi pruriginose che partono dalle intercettazioni e diventano romanzo popolare nella penna di alcuni pubblici ministeri. È la tendenza a riportare scene di vita quotidiana che spesso hanno poco a che fare con le indagini. Fatto sta che si va verso questa soluzione ambigua. La norma al momento è nelle mani del Parlamento, che dovrà esprimere un parere non vincolante. È per questo che al Senato hanno invitato Francesco Petrelli, presidente delle

Camere Penali. Cosa suggeriscono gli avvocati? Non basta vietare, bisogna smutandare i giornalisti che sgarrano. Niente carcere, ma vanno colpiti nel portafoglio. Si parla così di multe fino a mezzo milione di euro. È la logica del «vi rovino». Mai fidarsi degli avvocati. I partiti della maggioranza applaudono, gli altri gongolano in silenzio. Maledetti giornalisti. La presunzione d'innocenza nel frattempo resta nuda. I cronisti in questa storia sono un facile capro espiatorio. Si limitano a virgolettare quello che scrivono i giudici. Eccoli, allora, i convitati di pietra. I cattivi procuratori, quelli che cercano il quarto d'ora di celebrità o che sentono il dovere di moralizzare la politica come Savonarola davanti ai Medici, usano certe intercettazioni da gossip non come elementi di prova, ma per mettere in ginocchio l'indagato. Lo rendono fragile già prima del processo. È la tattica contro il toro prima della corrida.

È qui l'origine della giustizia massificata. È qui che parte morta la presunzione di innocenza. I politici (e gli avvocati) colpiscono un mestiere morto perché non hanno il coraggio di dire ai signori della giustizia: giudice fai il tuo mestiere.

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