L’errore del Pg "sposato" dalla Corte. Perché l’arresto si poteva convalidare

Nessuno indaga sulla mancata applicazione dell’articolo 716 del Codice di procedura penale che avrebbe congelato il fermo

Apertura anno giudiziario a Roma, foto di repertorio
Apertura anno giudiziario a Roma, foto di repertorio
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Chi ha sbagliato, la politica o la magistratura? Se si analizza la vicenda della scarcerazione e del rimpatrio del capo della polizia giudiziaria libica Njeem Osama Almasry si capiscono subito due cose. La prima: dall'inchiesta sul presunto favoreggiamento al criminale di guerra mancano quattro convitati di pietra, il Procuratore generale di Roma e i tre giudici della Corte d'Appello. La seconda: questa indagine-trapppola non andrà da nessuna parte, tanto è complicato risalire alla filiera delle responsabilità, soprattutto se non si valutano le decisioni di chi Almasri l'ha liberato. Ma è chiaro che - come per il caso Open Arms di Matteo Salvini - tenere il premier ostaggio di un avviso di garanzia che alle orecchie dell'opposizione vale una condanna anticipata e complica, e di molto, il cammino della riforma della giustizia che una parte minoritaria della magistratura ha dimostrato di non aver digerito affatto.

Il primo punto fermo è che la Corte poteva convalidare il fermo. Nel provvedimento si parla di «arresto irrituale» e di non luogo a procedere sull'arresto». Due frasi altrettanto «irrituali» perché atecniche rispetto al linguaggio di un dispositivo. L'arresto era illegittimo? La Digos dice di aver seguito la procedura, più di un esponente dell'opposizione ha ammesso che la Questura ha fatto il proprio dovere arrestando Almasri come da richiesta dell'Interpol per un codice rosso. Quale sarebbe il cavillo, l'irritualità? «L'arresto andava fatto dopo l'ok del ministro Carlo Nordio», tuonano i magistrati, ma sappiamo benissimo che così non è. A essere concordata tra ministero e Corte penale è la «consegna» del criminale di guerra, prevista dall'articolo 11 della legge 237 del 2012 che regola i rapporti con l'Aja. È impensabile pensare che la polizia debba parlare con il Guardasigilli prima di arrestare un criminale di guerra. Ma perché nel dispositivo si parla di «non luogo a procedere» e non di «mancata convalida dell'arresto»? Non è un tecnicismo di poco conto.

L'iter della legge è preciso: il ministro riceve gli atti, trasmette alla Pg, il Pg letti gli atti chiede la misura cautelare, la Corte d'Appello decide, il ministro conferma con decreto entro 20 giorni. Ma la polizia l'aveva già arrestato. Anche se, come lamenta Md da giorni, la legge 237 del 2012 «è priva di una legislazione, sostanziale e processuale che lascia gravi margini di incertezza operativa», è altrettanto vero che più giuristi ricordano come in mancanza di norme precise si debba adottare il Codice di procedura penale. Il Pg poteva chiederne la convalida «in attesa della procedura ex articolo 11 della 237/2012 che dice quando la richiesta della Cpi ha per oggetto la consegna di una persona il Pg, ricevuti gli atti, chiede la custodia cautelare», dicono fonti vicine alla Corte penale, che da giorni chiede di avere spiegazioni: «Il criminale di guerra è stato rilasciato senza preavviso e senza consultarsi con noi».

Il secondo comma del 716 dice che la Corte d'Appello provvede con ordinanza e che l'eventuale ricorso in Cassazione non sospende il provvedimento. E invece il Pg ha seguito alla lettera la 237. Il vulnus è qui.

Ma perché non c'è un'indagine? Se davvero ci fosse una ragione di Stato dietro la mancata consegna di Almasri all'Aja (per la nostra intelligence le sue milizie avrebbe potuto attaccare le ambasciate e i pozzi petroliferi in Libia), Pg e Corte d'Appello se ne sono forse fatte carico? C'è qualcuno che sta indagando? O è vietato toccare la magistratura?

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