Stretta sulle intercettazioni in arrivo, si riparte dalla Camera

Il ddl Zanettin fissa il tetto delle captazioni a 45 giorni, esclusi reati come mafia e terrorismo

Stretta sulle intercettazioni in arrivo, si riparte dalla Camera
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Nei prossimi giorni arriverà alla Camera il disegno di legge 932 firmato dal vicepresidente della commissione Giustizia della Camera Pierantonio Zanettin, approvato il 9 ottobre 2024 al Senato, che prevede di modificare l’articolo 267, comma 3 del Codice di procedura penale fissando un tetto massimo di 45 giorni all’uso delle intercettazioni «salvo che l’assoluta indispensabilità delle operazioni per una durata superiore sia giustificata dall’emergere di elementi specifici e concreti, che devono essere oggetto di espressa motivazione», si legge nel provvedimento. Già oggi lo stesso articolo prevede proroghe di 15 giorni senza un limite massimo, purché per i giudici permangano i presupposti per disporle.
Il tetto, ovviamente, non si applica a reati di particolare gravità: mafia, criminalità organizzata, terrorismo, sequestro a scopo di estorsione, reati informatici e contro la inviolabilità dei segreti, come previsto all’articolo 371 bis, comma 4 bis del Codice di procedura penale. In questi casi le intercettazioni dopo i 40 giorni possono essere prorogate (senza limiti) ogni venti giorni, secondo l’articolo 13 del decreto legge 152 del 1991. L’esame degli emendamenti inizierà nei prossimi giorni in commissione Giustizia alla Camera.

Si tratta di un ritorno alla civiltà giuridica e al rispetto della presunzione d’innocenza, cuore pulsante della riforma della giustizia che questo governo ha in animo di portare avanti, come promesso agli elettori in campagna elettorale, che però trova le solite resistenze di opposizioni e magistratura, con il solito mantra melodrammatico. «Migliaia di inchieste saranno a rischio, sarà più difficile individuare gli autori di reato come maltrattamenti, usura, violenza sessuale», tanto che l’obiettivo è tentare di estendere la proroga prevista per mafia e terrorismo anche per reati come stalking e violenza domestica.

«Le intercettazioni sono raramente prove, prevalentemente sono strumenti per la ricerca delle prove», ci ricorda un legale. Ammettere per telefono di aver commesso un reato non basta, le indagini devono trovare conferme. Invece spesso in questi anni si è utilizzato lo strumento delle intercettazioni, con tecniche sempre più invasive e pericolose come i trojan, passando al setaccio la vita di persone sospettate di aver commesso un reato, con telefonate private diventate funzionali al «mascariamento» del bersaglio. Durante le audizioni in commissione Giustizia ci sono stati autorevoli testimonianze che hanno rivelato come certi virus che si inoculano nel telefono per catturare tutto il contenuto del telefonino (comprese password, conti bancari, fotografie, messaggi e documenti word) sono potenzialmente in grado di realizzare false prove all’oscuro del proprietario del telefonino, compromettendo la bontà delle captazioni.

Serve dunque un equilibrio tra i legittimi sospetti investigativi e il diritto alla privacy dei soggetti intercettati, a volte finiti nel tritacarne mediatico più per comportamenti personali che

per reati commessi. Se n’è accorta anche l’Unione europea, che ha raccomandato agli Stati una maggiore attenzione nei confronti della tutela della presunzione d’innocenza, testata d’angolo del nostro sistema giudiziario.

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