C'è poco da fare, dove ti giri ti giri, questo è un Paese zavorrato in cui la parola «riforma» suona come una bestemmia in chiesa. Ma non solo le riforme sono osteggiate, pure l'ordinaria amministrazione è continuamente intralciata da lotte tra poteri che devono giustificare in qualche modo la loro esistenza in vita. Ieri, per esempio, il Consiglio di Stato - supremo tribunale amministrativo - ha bloccato la cessione alla Tunisia di alcune motovedette che il governo aveva deciso di inviare all'interno di un ampio piano di cooperazione con quel Paese per il contrasto all'immigrazione clandestina. Il motivo? Semplifico: i parrucconi del Consiglio di Stato ritengono che non ci siano sufficienti garanzie circa il buon utilizzo «umanitario» da parte dei tunisini. Abbiamo insomma dei magistrati che hanno fatto un grande regalo alla mafia degli scafisti e un grosso danno alla credibilità del governo che prende impegni internazionali ed è impedito a rispettarli. Difficile quantificare i costi diretti e indiretti di una simile decisione, a occhio parliamo di tanti soldi. Ma davvero la magistratura può prendere decisioni prettamente politiche, e davvero può farlo senza tenere conto del danno che crea al suo Paese? Sì, in Italia è possibile e avviene con una certa frequenza.
Quanto costerà aver paralizzato la Liguria in base al teorema che i finanziamenti legittimi al suo governatore non dovevano essere fatti? Anche qui, immagino tanto. Un calcolo più preciso invece già si può fare sul danno che subirà Milano dopo che la Procura guidata da Marcello Viola ha deciso che lo sviluppo della città va fermato perché troppo veloce, troppo efficiente e quindi troppo sospetto di infiltrazioni e maneggi: il blocco dei cantieri imposto dai solerti guardiani costerà da subito almeno cento milioni in minori oneri a carico dei costruttori, che diventeranno circa un miliardo considerando l'indotto che i cantieri potrebbero generare. Ripongo la domanda: chi paga? Non certo Viola e i suoi aiutanti, bensì tutti i cittadini milanesi che avranno meno servizi, meno assistenza e, a questo punto, probabilmente più tasse.
Insomma, che si parli di Tunisi, Genova o Milano poco cambia, comandano sospetti e moralismi. Resta la speranza che sia fondata una famosa profezia di Pietro Nenni: «A fare a gara a fare i puri, troverai sempre uno più puro che ti epura».
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