La maledizione dei cognati: da Tangentopoli al Principato

Craxi, Di Pietro, Mussolini: nemmeno per i potenti è facile sfuggire ai parenti

La suocera? Ma per favore, roba da preistoria. Avremmo dovuto capirlo un po’ tutti,ma,dato ciò che è accadu­to e gli sta accadendo, avrebbe dovu­to capirlo, soprattutto, Gianfranco Fi­ni. Avrebbe dovuto fidarsi di un son­daggio. Che, già da quattro anni a questa parte, ce lo sta dicendo chiaramente: il parente più odiato dagli italiani non è più la suocera ma è il cognato. Perché rompe le scatole, per­ché è sempre tra i piedi e quan­do può scrocca, perché ci com­bina casini. Lo rivelò all’uniso­no alla Swg un campione di cinquecento persone, di età compresa tra i 20 e 64 anni, che a suo tempo, era il 2006, molto efficacemente fotogra­fò il nuovo, vero tsunami, che stava per travolgere le nostre famiglie, relegando al secon­do posto, con appena il 23 per cento dei pussavia la suocera. Oggi come oggi, dunque, fidia­moci dei sondaggi una volta tanto, il cognato o la cognata dominano laclassifica dell’an­tipatia con il 53 per cento delle bocciature. E il cursus, senza troppo honorum, della politi­ca vecchia e nuova, della pri­ma, seconda o terza Repubbli­ca che sia, ma anche delle mo­narchie e delle dittature, offre numerosi spunti a sostegno della tesi. Lo diciamo, inten­diamoci, perché Giancarlo Tulliani il «dandycognato» del presidente della Camera am­mobiliata, non si senta solo e abbandonato ma, al contra­rio, possa riaversi dallo smarri­mento e dalla tristezza per aver inguaiato Fini, non solo gi­rando con la sua Ferrari per la Moyenne Corniche, ma anche pensando ad altri cognati co­me lui, che nei guai ci sono ca­scati o ci hanno fatto cascare dei parenti stretti. Vediamo. Paolo Pillitteri vi dice qualco­sa? Fratello della signora Craxi e quindi, inevitabilmente, co­gnato di Bettino, è stato un sim­paticone sindaco di Milano, impareggiabile nella sua para­culaggine, personalissima do­te. Quanto invece alla dote po­litica e di potere fu chiaro, fin da subito, che qualche aiutino da Bettino lo ricevette e conti­nuò a riceverlo. Eletto sindaco nel 1986, rieletto parlamenta­re nell’aprile del 1992, vero è che nel maggio dello stesso an­no quando salta il coperchio­ne di «Mani pulite» incespica in un avviso di garanzia per il reato di ricettazione riguardo a 500 milioni di lire. Viene con­dannato a 4 anni e 6 mesi in via definitiva e nel 2007 ottiene la riabilitazione dal Tribunale di Milano chiudendo la propria vicenda processuale. Dalla po­litica all’economia sono molti i cognati che hanno conquista­to fama ma anche traversìe. Senza far torti a nessuno uno che ha guadagnato molte pri­me pagine di giornali è stato, all’epoca, Carlo Sama, marito di Alessandra Ferruzzi, (un co­gnome, una dolce garanzia) fi­nito nel tritacarne delle vicen­da Enimont e per questo moti­vo incarcerato, mentre sullo sfondo tetro di un’altra cella Raul Gardini si suicidava. Ma, in tempi più recenti,in cui l’in­treccio tra politica ed econo­mia sembra esser diventato an­cor più inestricabile si è parla­to, quando è scoppiato il «caso Protezione civile», non solo di Guido Bertolaso, ma anche di suo cognato Francesco Pier­marini, fratello della moglie Gloria, diventato, improvvisa­mente molto popolare sia per­ché impegnato a lavorare nei cantieri della Maddalena per il vertice del G8, sia per le sue molteplici attività che spazia­n­o dall’immobiliare allo smal­timento dei rifiuti, dall’orga­nizzazione di eventi mondani alla produzione di film. Oddio a voler proprio esser precisi in quelle famose intercettazioni dell’indagine di Firenze è salta­to fuori anche un altro cogna­to che qualche beneficio po­trebbe aver ricavato, tale Pao­lo Palombelli, fratello di Barba­ra e quindi ben accetto in casa di Francesco Rutelli. Giusto per un attimo stavamo dimen­ticandoci che a proposito di «Mani pulite» e del suo vessilli­fero, anche Antonio Di Pietro ha il suo bravo cognato. Nel­l’armadio? Macché, nella poli­tica attiva. Che più attiva non si può visto che Gabriele Cima­doro è stato protagonista di vorticosi giri di valzer da un partito all’ altro (Ccd-Udc, Udr, Democratici, Italia dei Va­lori, Udc) fino al grande ritor­no nell’Idv dove è stato accol­to come il figliol prodigo («È stato Gabriele ad allontanarsi da noi, non noi a cacciarlo. Ed ora siamo molto lieti di poter tornare a lavorare insieme») gli ha detto riabbracciandolo il coordinatore Piffari. E sicco­me la vita non è fiction ma la fiction sembra vita nell’«Ane­mone- Balducci story» a spul­ciar bene c’è anche Anthony, fratello di Susanna compagna di Mauro Masi, direttore gene­rale della Rai. Fa il sommozza­tore ad Anacapri e Masi chie­de, almeno così si legge nelle intercettazioni, a Balducci di trovargli un lavoro a Roma. Ci pensa Diego Anemone, che al telefono gli annuncia un im­piego nell’oramai fin troppo fa­moso Salaria Sport Village. E per ribadire quanto accenna­vamo all’inizio e cioè che ogni epoca ha avuto i suoi cognati eccoci a ricordare Marcello Pe­tacci, fratello di Claretta.

Det­to Marcellone, fu un’ingom­brante presenza, non solo per la stazza, per il Duce. Un po’ sfigato, in verità, Marcellone venne fucilato a Dongo. Ma nel frattempo l’Italia si è eman­cipata. Quindi Giancarlo Tul­liani non ha nulla da temere. Anche se passa da Dongo con la Ferrari.

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