L'accusa è favoreggiamento e pubblicazione di notizie destinate a rimanere segrete. Oggi farebbe ridere. Paolo Longanesi, cronista del Giornale, commette un peccato gravissimo: fare il giornalista. Lo arrestano poco dopo mezzogiorno nella caserma dei carabinieri di via Moscova, durante una conferenza stampa, lo portano a palazzo di giustizia in manette. Motivo: un suo articolo sulle confessioni del boss Angelo Epaminonda e i clamorosi sviluppi dell'inchiesta nata dalla collaborazione del gangster con la giustizia. «La pubblicazione di quest'articolo - spiega il procuratore capo della Repubblica Mauro Gresti - può pregiudicare seriamente le nostre indagini». Di favoreggiamento vengono accusati anche il capo della Cronaca Enzo Passanisi e il direttore Montanelli. Che scrive: «Il giudice inventa un'accusa di cui basta il buon senso per capire l'assurdità, ma che gli consente di sbattere l'accusato in galera e di tenercelo quanto gli pare. È contro questa patacca indegna di un magistrato che protestiamo. L'intento persecutorio si è rivelato anche nella teatrale procedura dell'arresto. Questi sistemi vengono usati purtroppo anche contro chi non è giornalista». Longanesi viene messo in isolamento e scarcerato dopo tre giorni. Dice: «La cosa che più mi ha irritato, al di là dell'assurdità dell'accusa, è il provvedimento di interdizione dalla professione». Non poter scrivere per trenta giorni. In realtà, rivelò Montanelli, Longanesi continuò a scrivere senza firmare.
E ci furono magistrati che chiesero un nuovo arresto per «l'ignoto autore di un nuovo articolo sul caso Epaminonda». Montanelli: «Siamo arrivati al braccio di ferro con questa magistratura ed è necessario essere inamovibili».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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