Poco più di quarant'anni fa, il 16 settembre del 1977, a Parigi moriva Maria Callas, stroncata da un arresto cardiaco. Per tre giorni, dal 16 al 18 Aprile, sarà al cinema un documentario da non lasciarsi sfuggire, "Maria by Callas", frutto del lavoro certosino di un giovane regista, Tom Volf , che rende omaggio al ricordo del leggendario soprano statunitense di origine greca con una straordinaria raccolta di materiale, per metà inedito.
Tre anni di ricerche per mettere insieme filmini privati, lettere intime (lette da Fanny Ardant nella versione originale e da Anna Bonaiuto in quella italiana), interviste andate in onda una sola volta e che si credevano perdute, registrazioni pirata realizzate dagli ammiratori durante le performance e rarissimi filmati d’archivio dei dietro le quinte degli spettacoli, per la prima volta visti a colori. Quel che ne scaturisce è un ritratto sincero, al di là dell’iconografia ufficiale e tracciato attraverso le stesse parole della Divina, scritte o registrate.
Con un’intervista alla TV americana del 1970 a fare da filo conduttore, "Maria by Callas" ripercorre, non necessariamente in ordine cronologico, le tappe fondamentali della vicenda umana ed artistica di una diva d'altri tempi: dall'infanzia infelice a causa di una madre tiranna al divorzio da Meneghini, dalle grandi ovazioni ai momenti professionalmente difficili (come il licenziamento dal Metropolitan e i fischi del 2 Gennaio 1958 al Teatro dell'Opera di Roma), dalla relazione con Onassis all'insalubre solitudine.
Non c'è solo la protagonista dei rotocalchi, star dalla tormentata vita sentimentale, molto spazio è lasciato alle indimenticabili esibizioni operistiche, rese immortali da doti rare. Nessuna come lei ha saputo donare anima e corpo all'interpretazione, al punto da eccellere sia in termini vocali sia di presenza scenica. Solo riguardo a Maria Callas si può davvero parlare di recitazione in musica e di una creatura che non scese mai dal palcoscenico, perché tale fu anche quello della vita privata. Visse d'arte e d'amore, entrando nel mito proprio per la corrispondenza d'indole inquieta e romantica con le eroine che interpretava: oltre all'inarrivabile talento, fu la continuità tra melodramma sentimentale privato e tragedie teatrali a renderla un'icona.
Questa diva assoluta, figura operistica per eccellenza, però, nascondeva un profondo desiderio di normalità e vagheggiava di una vita diversa, di un focolare domestico presso il quale essere una moglie come tante. In segreto, anelava a un silenzio e a una privacy resi inaccessibili dal destino di una carriera tanto ineguagliabile quanto pesante da sostenere.
Con abnegazione e impegno aveva obbedito alle responsabilità derivanti dall'avere in dono capacità uniche, ma restava una donna malinconica e dall'inaspettata fragilità, che dalla vita avrebbe voluto l'amore esclusivo e passionale di un uomo piuttosto che quello di un pubblico idolatrante e planetario. A dare la misura dei sentimenti di sconvolgente intensità che sempre l'animarono, c'è la lettera scritta all'armatore greco poco prima di essere da lui pubblicamente abbandonata per la vedova Kennedy.
Sovrastata dalla lotta quotidiana per mantenere in equilibrio l'artista e la donna, Maria Callas lavorò per alimentare la propria fama ma non smise mai di sognare giornate fatte di cose semplici, con cui dare tregua a Maria, l'umana stressata dal dover essere la Callas, la Divina.
Non c’è bisogno di essere melomani per emozionarsi fino alla commozione di fronte a un'immersione così totale nell'esistenza di un mito incarnato e archetipo di femminilità.
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